"Nel 2023 si è avviata, anche nel nostro Paese, la nuova stagione della Politica Agricola Comune. L'aver fatto confluire nello stesso documento di programma - Piano Strategico della Pac (Psp) - i due Pilastri della Pac ha, di fatto, reso più complesso il suo avvio, che, alla luce anche degli effetti delle tensioni geopolitiche, dei fenomeni meteorologici violenti e delle proteste degli agricoltori, ha comportato, in questi primi due anni, la necessità di apportare diverse modifiche. In particolare, esse sono state finalizzate a correggere il tiro degli stessi Psp europei (ad esempio, fra tutte, una maggiore flessibilità sull'applicazione delle norme sulla condizionalità), nonché a rispondere a impreviste nuove necessità (fra tutte, la rimodulazione delle risorse finanziarie per far fronte ai danni causati dalle alluvioni)".

 

Così Catia Zumpano, dirigente di ricerca del Centro Politiche e Bioeconomia del Crea, commenta i primi due anni della Pac 2023-2027.

 

Entrata in vigore il primo gennaio 2023, oggi vede un settore primario che ha davanti numerose sfide date da un contesto europeo e mondiale instabile in conseguenza di fenomeni ambientali sempre più avversi, che impattano sulle produzioni, e di una instabilità economica e sociale che destabilizza, appunto, i mercati. Al tempo stesso l'agricoltura è chiamata a confrontarsi con un sistema agroalimentare sempre più articolato che da una parte chiede maggiore attenzione nei confronti dei consumatori e dall'altra una riorganizzazione del tessuto imprenditoriale.

 

"La nuova Pac, come è noto, mira a sostenere il processo di transizione ecologica del settore agricolo, alimentare e forestale, affrontando le sfide lanciate a livello europeo dal Green Deal e dalla strategia Farm to Fork. Essa risponde anche agli obiettivi della Long-Term Vision for Rural Areas (Ltvra) relativa alla vitalità dei territori rurali. Obiettivi molto ambiziosi, che nel nostro Paese si traducono in circa centosettanta interventi e una dotazione di circa 37 miliardi di euro di spesa pubblica. Tranne poche eccezioni dettate dalle regole comunitarie (Ecoschemi), si tratta essenzialmente di interventi riconducibili a schemi tradizionali d'intervento.

 

Anche in Italia, i primi due anni sono stati caratterizzati, principalmente, da una serie di azioni volte ad aggiustarne il tiro, a riequilibrare il livello di governance nazionale con quello regionale, a programmare una serie di attività necessarie ad avviare i numerosi interventi previsti, di cui alcuni nuovi quali gli Ecoschemi. Se si guarda allo sviluppo rurale, i dati di monitoraggio, a luglio 2024, indicano che, con oltre quattrocento avvisi pubblicati sono state bandite risorse per circa il 42% del totale di spesa pubblica programmata per il periodo 2023-2027 e ciò ha determinato una spesa erogata per circa 1 miliardo di euro, pari al 6% del totale programmato e al 14,5% del totale risorse oggetto di avvisi pubblici. Diciamo che la Pac è entrata a pieno regime".

 

In tre parole come descriverebbe la Pac 2023-2027?

"Tre aspetti mi preme evidenziare: è una Pac sempre più proiettata a ritagliarsi un ruolo nel sistema agroalimentare, e quindi concentrata sul rapporto fra produzione e consumo; ancora poco intenzionata a favorire un'agricoltura equa e solidale; infine, poco reattiva alle problematiche, ormai cronicizzate, che interessano i contesti territoriali dove si fa agricoltura (aree rurali in declino). Avremmo bisogno di una politica agricola più attenta ai fabbisogni della componente umana che popola le sue differenti articolazioni (agricoltori, lavoratori dipendenti, tecnici, eccetera)".

 

Concentrandoci sulle donne che lavorano in agricoltura, oggi quali sono gli strumenti messi in campo dalla Pac per le imprenditrici agricole?

"La Politica Agricola Comune (parliamo del Secondo Pilastro perché nel primo Pilastro è stato, finora, del tutto assente uno sguardo di genere) ha sempre richiamato, nei suoi principi, il rispetto della parità di genere. Richiamo che, però, ad oggi, si è tradotto in una raccomandazione agli Stati membri nel rispetto del principio di parità, demandando la sua applicazione alla sensibilità dei singoli Stati membri.

 

Il nostro Paese rientra fra quelli che hanno meno investito su questa componente del settore primario. Se diamo uno sguardo alle programmazioni che si sono susseguite in Italia, il principio di uguaglianza di genere è sempre stato trascurato in quanto percepito come una complicanza e non come un'opportunità per l'agricoltura e le aree rurali. Si sono susseguiti interventi marginali e non incisivi (solo meccanismi premiali, in alcune regioni e in un numero limitato di misure)".

 

Perché, ad oggi, mancano misure ad hoc per le donne che lavorano in agricoltura?

"Le cause sono prima di tutto culturali: siamo un Paese che si colloca, negli indici di parità di genere, nelle posizioni inferiori alla media europea e mondiale (nel Gender Equality Index siamo al quattordicesimo posto).
Questo contesto non aiuta le rappresentanze femminili di categoria nel rivendicare interventi e misure specifiche, così come ad essere rappresentate nei luoghi dove si decidono le politiche".

 

Si potrebbe fare di più? Se sì, cosa?

"Non è una questione del dover fare di più, quanto del dover fare! E si può, prevedendo delle misure e degli interventi a loro favore. Spesso, nel nostro Paese, questo 'dover fare' viene ridimensionato demandando la responsabilità alla Commissione Europea, la quale, secondo alcuni, non ama sostenere misure specifiche per le donne per evitare disuguaglianze al contrario. Ebbene, la programmazione in corso ha smentito tutto ciò e ha dimostrato che, se ben giustificate, le strategie di genere nella Pac possono trovare dignità. La Commissione Europea lo ha fatto approvando i Psp di alcuni Stati membri, i quali hanno dedicato attenzione specifica alla componente femminile.

 

Cito, come esempio più eclatante, la scelta fatta dalla Spagna, Stato membro che ha inserito, fra gli obiettivi del suo Psp 2023-2027, un obiettivo specifico finalizzato a migliorare le condizioni per l'inserimento e il consolidamento delle donne nelle attività agricole, nonché la dimensione fisica ed economica delle aziende da loro condotte; a promuovere l'inserimento delle donne negli organi decisionali legati al settore agricolo e alle aree rurali. A tal fine sono stati previsti da un lato, una serie di interventi dedicati, dall'altro, un'aliquota di cofinanziamento più alta a favore delle beneficiarie degli investimenti del Psp. Nello stesso tempo, e questo speriamo rappresenti uno spartiacque a livello europeo, la Spagna, per compensare la minore redditività delle imprese agricole femminili, ha previsto un 15% in più degli aiuti al sostegno complementare al reddito (nel caso di donne e giovani). La Spagna ha il merito di aver rotto il tetto di cristallo della Pac!

 

Nel nostro Paese ancora poco si muove anche se si intravedono degli spiragli. Mi preme evidenziare l'impegno che ha assunto l'Autorità di Gestione del Documento di Programmazione della Pac 2023-2027 della Regione Toscana, la quale, al fine di identificare i fabbisogni delle imprenditrici agricole, ha commissionato uno studio tematico al proprio valutatore - Lattanzio KIBS - e, alla luce dei risultati emersi, sta rivisitando il proprio documento. Scelta questa che sta suscitando attenzione anche in altri contesti regionali, quali la Liguria e l'Umbria".

 

Catia Zumpano del Crea

Catia Zumpano del Crea

(Fonte foto: Catia Zumpano, dirigente di ricerca del Centro Politiche e Bioeconomia del Crea)

 

In occasione della Giornata Internazionale della Donna il Crea ha pubblicato una fotografia rappresentativa delle imprese femminili nell'agricoltura italiana, ce la vuole commentare? Chi sono oggi le donne che scelgono di lavorare in agricoltura? E quali sono gli ambiti agricoli maggiormente scelti?

"I dati riportati nel nostro opuscolo rappresentano una lettura di genere dei dati dell'ultimo censimento agricolo dell'Istat e del monitoraggio della Pac 2014-2020, realizzato questo ultimo dalla Rete Rurale Nazionale 2014-2022. Un prodotto pensato all'interno di un gruppo di ricercatrici del Centro Politiche e Bioeconomia del Crea che, da diversi anni, segue il tema della parità di genere in ambito agricolo e rurale. Il nostro obiettivo è stato quello di delineare alcuni tratti della componente femminile in agricoltura, così da favorirne la conoscenza.

 

Cosa dicono i freddi numeri? Le donne, nel nostro Paese, rappresentano il 31,5% dei conduttori di aziende, hanno una dimensione media di 7,7 ettari (contro i 12 degli uomini), e raggiungono una produzione standard media di circa 30mila euro (contro i circa 60mila degli uomini), con una forbice netta fra Nord e Sud (13mila euro della Calabria contro i 96mila euro della Lombardia). Sono più presenti nelle aree agricole del Sud e il 76% di loro è nelle aree più interne e fragili (contro il 70% delle aziende maschili), dato questo che evidenzia, da un lato, le minori opportunità offerte alle donne in termini di mobilità, dall'altro, una maggiore resilienza delle donne a condurre attività produttive in aree più vulnerabili.

 

Sono, nello stesso tempo, quelle che investono di più nella diversificazione, soprattutto nelle attività collegate al territorio (superano in termini percentuali gli uomini in questo campo); è quindi ormai consolidato il ruolo strategico che hanno svolto e che continuano a svolgere nel favorire la diversificazione aziendale.

 

Ad esse si affiancano le 470mila donne che lavorano come dipendenti nelle aziende agricole (il 32% del totale della manodopera), di cui il 24% legato da rapporti familiari con il capo azienda e spesso, pur non ricoprendone formalmente il ruolo, hanno un peso fondamentale nella gestione dell'azienda".

 

Quali sono le principali problematiche che incontrano le donne che vogliono lavorare in agricoltura?

"Le indagini qualitative confermano il quadro che emerge dai dati. Sebbene si incontrino sempre più esperienze di eccellenza femminile nella conduzione delle aziende agricole, riconducibili soprattutto a forme di agricoltura alternative, quali quelle che si rifanno ai principi dell'agroecologia, del biologico, della sostenibilità, le donne incontrano ancora significative barriere nell'affermarsi nel settore, continuando a ricoprire ruoli più operativi, spesso invisibili nella catena del valore. Gli uomini continuano invece a detenere il controllo delle risorse produttive (accesso alla terra, ad esempio) e finanziarie (capitali familiari e accesso al credito), nonché a occupare le posizioni apicali nei processi decisionali strategici.

 

Esiste, dunque, un gap di genere che va sicuramente approfondito per essere meglio affrontato e superato".

 

Qual è il ruolo del Crea nel supportare le donne che lavorano in agricoltura?

"Nel Centro Politiche e Bioeconomia del Crea la dimensione di genere nel settore primario e nelle aree rurali occupa uno spazio ormai consolidato. Sono numerose le attività che, nel corso degli anni, sono state introdotte e finalizzate ad approfondire il gender equality sul piano della ricerca, nonché a favorire l'applicazione di tale principio negli ambiti politico-istituzionali che governano gli interventi a favore del settore primario.

 

Nello specifico, le nostre attività su questo ambito si articolano in tre filoni principali: attività di studio e ricerca, attività di supporto tecnico-scientifico alle istituzioni, attività di comunicazione e divulgazione.

 

Nell'ambito del primo filone, gli studi condotti riguardano essenzialmente, da un lato, la presenza e il ruolo della donna nel settore agroalimentare, approfondendone sia la dimensione del lavoro autonomo che quello dipendente, dall'altro lo stato dei servizi di qualità della vita nelle aree rurali (impatto su conciliazione dei tempi di lavoro e cura). Relativamente al secondo filone di attività il Crea partecipa a riunioni, gruppi di lavoro, eventi, missioni su campo, nonché redige pareri, relazioni tecniche, contributi a rapporti nazionali e internazionali. Infine, l'attività di sensibilizzazione che si concretizza in occasioni di informazione e formazione sui temi legati alla parità di genere, ponendo l'accento sull'adozione di pratiche innovative a favore/promosse dalle donne in diversi contesti territoriali e nazionali.

 

Al fine di meglio programmare le attività e soprattutto interagire con il mondo femminile agricolo, il nostro Centro ha inserito, nel ventaglio delle sue attività ricorrenti, la creazione di un Osservatorio sulla dimensione femminile in ambito agricolo e rurale con l'auspicio che possa favorire, in sinergia con il mondo della rappresentanza femminile in agricoltura e della ricerca, la promozione di un organismo collegiale dedicato presso le principali istituzioni che governano il mondo agricolo e rurale".

 

Già si inizia a parlare della riforma post 2027, cosa dovrebbe fare la Pac per le donne che lavorano in agricoltura? E come?

"La lettura di genere dei vari documenti dedicati alla Pac post 2027 ci restituisce un quadro poco ottimistico. Ancora una volta si richiama l'importanza del ruolo delle donne nel settore primario, ma sul piano operativo le proposte non vanno oltre l'istituzione di una piattaforma 'Donne in agricoltura' finalizzata a favorire lo scambio di esperienze (comunicazione della Commissione Europea 'A Vision for Agriculture and Food Shaping Together an Attractive Farming and Agri-Food Sector for Future Generations' di febbraio 2025).

 

Si potrebbe, invece, partendo dall'esempio offerto, nell'attuale fase di programmazione, da alcuni Stati membri, (ho citato la Spagna, ma anche l'Irlanda ha adottato interventi a favore delle donne nel suo Psp) obbligare (e non più raccomandare) l'inserimento nei nuovi programmi, di misure e interventi a favore delle donne. Ad esempio, per rimanere sul piano delle proposte, perché non estendere anche alle donne l'intervento 'Dedicated load packages' a favore dei giovani richiamato nel recente documento 'Strategic Dialogue on the Future of EU Agriculture', che prevede un sostegno per l'accesso al credito. Forse per le donne questo non rappresenta un ostacolo al loro percorso di agricoltrici?

 

A livello nazionale, da dove partiamo? Si potrebbe, sulla scorta di quanto è stato fatto per i giovani agricoltori - ripristino dell'Osservatorio sull'imprenditoria giovanile da parte del Masaf - accogliere le richieste delle associazioni femminili in agricoltura che, da anni, chiedono di dare nuova vita all'Osservatorio imprenditoria e sul lavoro femminile in Italia (Onilfa), che fu soppresso dal nel 2012, a seguito dell'attuazione della Legge n. 135 del 7 agosto 2012. Sarebbe un bel segnale da parte del nostro Ministero dell'Agricoltura, anticipando le iniziative che prenderanno vita, su più fronti, nel 2026, anno che l'Onu ha proclamato 'Anno Internazionale delle Donne Agricoltrici'".


Il logo del progetto CAP4AgroInnovation - Agrifood Edition

 

CAP4AgroInnovation - Agrifood Edition è il nuovo progetto di Image Line®, cofinanziato dall'Unione Europea, al fine di informare i cittadini sulla Politica Agricola Comune.

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