Un amico l’altro giorno si lamentava della morte di un bel viale di palme nella sua cittadina per opera del punteruolo rosso, il coleottero che ha massacrato tanti bei paesaggi italiani. Gli ho detto che tutto sommato la colpa era la sua (e anche di qualche altro centinaio di milioni di consumatori) – e della loro mania di preferire certi prodotti fatti con olio di palma. S’intenda: l’olio di palma tutto sommato dal punto di vista alimentare non è affatto un cattivo prodotto ma ….

Per fare (sadicamente) sentire in colpa il basito amico ho raccontato la oramai ben nota storiella.
Il punteruolo rosso fino a qualche anno fa se ne stava bello tranquillo nella giungla pluviale indonesiana. Poi qualcuno la giungla pluviale la ha rasa al suolo per farci - tra l’altro - impianti di palma da olio. Il mercato mondiale è infatti avido di grassi saturi, utilissimi per rendere più buone un sacco di cose. Tra palme di cocco e da olio, il punteruolo si è diffuso al Medio Oriente e al Nord Africa, e da lì a vari Paesi del Mediterraneo tra cui l’Italia, devastando i meravigliosi viali che ornavano tanti lungomare e causando gravissime perdite economiche.

Da prendere con le pinze del caso, la storiella serve tuttavia a ricordarci che noi italiani, essendo grandi esportatori di prodotti agroalimentari, non possiamo certo essere troppo a favore dei mercati protetti. Potremmo essere più furbi però.
Il consumatore quando fa la spesa non compra solo un prodotto ma supporta anche un pezzo di territorio, un ecosistema, un paesaggio – tutta roba che in fin dei conti è anche sua.