"Le nostre imprese sono nell'impossibilità di governare i prezzi, determinati dal mercato mondiale; infatti l'Italia è deficitaria di generi alimentari strategici, come cereali e carni". Lo sottolinea Confagricoltura commentando i dati Istat sui prezzi al consumo definitivi, a gennaio, dei beni alimentari non lavorati, che sono aumentati dell'1,8% rispetto a dicembre 2010 e del 2,7% rispetto a gennaio dell'anno scorso.

Commenta Confagricoltura: "I rincari che si registrano sono dovuti soprattutto al rialzo ai massimi storici dei prezzi delle commodity su scala mondiale ed in particolare alle forti tensioni in atto sul mercato cerealicolo, dove - come ha evidenziato Ismea - in un solo mese i prezzi sono saliti mediamente del 10,5%, con punte del 19,8% per il frumento duro. Anche se andrebbe correttamente ricordato che i prezzi medi dei cereali in Italia all'inizio del 2010 erano praticamente quelli di dieci anni prima".

Di questa situazione, nonostante il parziale recupero delle ultime settimane (che non riguarda tutti i comparti e che comunque viene annullato nel medio e lungo periodo in termini di redditività vista la maggiore dinamica dei costi), le imprese agricole non si avvantaggiano. "Si crea un effetto a carico degli agricoltori, perché gli aumenti spingono ad incrementare ancor più i prezzi dei mezzi tecnici necessari alla produzione".

"Le fluttuazioni anomale sui mercati internazionali delle commodity agricole vanno ormai di pari passo con quelle dei mercati finanziari - ricorda l'Organizzazione degli imprenditori agricoli - Ora appaiono condizionate dalla reazione negativa agli accadimenti in Nord Africa e Medio Oriente. Subiamo fortemente, più che beneficiarne, le oscillazioni e le criticità".