Nel 2022 la Mozzarella di Bufala Campana Dop raggiunge i 530 milioni di euro di fatturato alla produzione, grazie alla spinta dell'export e al consolidarsi del mercato italiano. Eppure in quello che dovrebbe essere l'Eldorado dell'economia agricola campana oggi in molti si chiedono: dove va la filiera bufalina in Campania? Una domanda quanto mai legittima viste le ultime prese di posizione delle organizzazioni agricole sui temi della Dop, per la quale Coldiretti Campania vede favorevolmente un ampliamento dell'areale di produzione verso le province di Benevento e Avellino, trovando la netta contrarietà di Confagricoltura Caserta.
Intanto, emergono novità sull'infezione da brucellosi. I numeri sembrano dare ragione agli ideatori del Programma di Eradicazione: in netto calo le aziende interdette, almeno stando ai dati diffusi da Coldiretti a margine del Tavolo tecnico tenutosi ieri, 20 aprile 2023, a Caserta, provincia colpita da questa zoonosi, presente il generale dei Carabinieri Luigi Cortellessa, commissario per l'attuazione del Programma.
Ma non solo, giusto ieri sono iniziati i lavori di indagine conoscitiva sull'allevamento delle bufale a Caserta della Commissione Attività Produttive del Senato della Repubblica, durante i quali sono stati auditi Nicola D'Alterio, direttore generale dell'Istituto Zooprofilattico dell'Abruzzo e Molise, e Gianni Fabbris, portavoce del Coordinamento di sigle, che difendono gli interessi degli allevatori casertani e leader nazionale di Altragricoltura: un confronto sulle scelte operate da Regione Campania con il Programma di Eradicazione delle Zoonosi che si annuncia non certo privo di colpi di scena.
Area Dop in tutta la Campania
È tempo di aprire una riflessione sull'areale della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Lo ha affermato a Benevento l'assessore regionale all'Agricoltura, Nicola Caputo, al convegno di apertura di Campanialleva Expo 2023, tenutosi il 14 aprile scorso.
Caputo, sottolineando la necessità di spingere la crescita di un prodotto bandiera del made in Italy, ha ricordato come la Mozzarella di Bufala Dop venga prodotta praticamente solo in due province, Caserta e Salerno, e solo in pochi comuni di Napoli e Benevento, come previsto dal Disciplinare di Produzione. Peraltro la denominazione "campana" si utilizza nel Sud del Lazio, in Molise e in provincia di Foggia, ma si tratta di areali dove sussiste la prova storica della presenza della bufala mediterranea italiana da secoli, in larga parte soggetti storicamente al Giustizierato di Terra di Lavoro con capoluogo la città di Capua.
La riflessione dell'assessore campano "trova l'accoglienza favorevole di Coldiretti Campania, che da tempo ha posto la questione della revisione del Disciplinare non solo per l'areale, ma anche sulla pezzatura che esclude ad esempio la famosa 'Zizzona di Battipaglia'".
L'idea, che circola da tempo in area Coldiretti, è di allargare l'area Dop alle zone vocate per la zootecnia nelle province di Benevento ed Avellino.
Dal Consorzio di Tutela - sede a Caserta - il presidente Domenico Raimondo, trasformatore di latte bufalino salernitano, fa sapere che al momento al Consorzio non ci sono proposte in tal senso e che l'iniziativa sulle modifiche al Disciplinare non appartiene neanche al Consiglio di Amministrazione, bensì al Comitato Paritetico Allevatori-Trasformatori, un organismo unico nel suo genere, che non esiste in altri enti di tutela italiani.
Per Raimondo gli spazi per un ampliamento del territorio della Dop sono però molto stretti e difficilmente potrebbero interessare l'intero territorio amministrativo della Campania.
D'altro canto i numeri dicono che la possibilità di crescita del comparto è ancora ampia. Il trend di crescita della Mozzarella di Bufala Campana Dop ha il segno positivo da almeno otto anni, senza interruzione. Nel 2013 erano stati prodotti 35 milioni di chili di Mozzarella Dop. Nel 2021 sono 56 milioni. In otto anni quindi la produzione ha avuto un incremento del 60%. Nel periodo compreso tra gennaio e ottobre 2021 - sostiene Coldiretti Campania - sono stati ritirati quasi 254 milioni di chili di latte di bufala idoneo alla Dop.
Ma la richiesta di riaprire il confronto sul Disciplinare, nel bel mezzo dell'emergenza per le zoonosi a Caserta, fa scattare la dura reazione di Confagricoltura Caserta: "La Regione abbandona il territorio vocato e sancito dal disciplinare di produzione della Mozzarella di Bufala Dop, proponendo di allargare alle Province di Benevento e Avellino l'areale di produzione del latte di bufala da utilizzare per la produzione della Mozzarella" tuona Raffaele Puoti, presidente di Confagricoltura Caserta.
Il presidente di Confagricoltura sottolinea con durezza. "Dopo un Piano di Eradicazione delle Malattie Infettive che ha dimostrato, a distanza di un anno e più dalla sua applicazione, l'inefficacia della norma, visto l'incessante abbattimento dei capi bufalini e, soprattutto, l'inarrestabile diffusione delle malattie anche con l'adozione di prescrizioni strutturali e impiantistiche imposte negli stabilimenti, la Regione punta ad allargare l'areale di produzione".
Puoti liquida le proposte di Caputo e di Coldiretti come "Idee prive di una logica economica di tutela e valorizzazione del territorio nel quale storicamente la produzione del latte di bufala e la relativa produzione di Mozzarella Dop costituiscono un comparto agricolo trainante".
Per il presidente Puoti: "Ad oggi, come più volte sollecitato, la Regione deve risolvere prima di ogni cosa e in maniera prettamente scientifica la problematica sanitaria che attanaglia gli allevamenti bufalini che è anche connessa allo status degli stabilimenti, i cui auspicati rinnovamento e riqualificazione devono procedere, necessariamente, con tempi diversi dall'emergenza sanitaria".
"Risoluzione che sfugge alla Regione, la cui attenzione è incentrata alla semplice ed esclusiva chiusura degli allevamenti per abbattimento più che sostenere il futuro stesso degli stabilimenti".
Zoonosi, il punto della situazione
Il tutto mentre la Misura del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2022 dedicata agli allevatori bufalini, e rivolta al rinnovamento delle stalle e all'applicazione degli standard di biosicurezza, vede assegnare solo 2 dei 20 milioni stanziati nel bando: segno di un'oggettiva difficoltà ad investire degli allevatori, che si sentono minacciati dagli esiti spesso infausti dell'applicazione del Piano di Eradicazione.
Due giorni fa l'assessore campano Caputo ha fatto anche sapere dal suo profilo Facebook che ha tenuto una riunione, presente il presidente Vincenzo De Luca, con la quale sono state avviate le procedure per trovare 15 milioni di euro per finanziare il mancato reddito degli allevatori bufalini che stanno subendo l'abbattimento degli animali.
E appena ieri, 20 aprile 2023, Coldiretti Campania ha gettato acqua sul fuoco circa la paventata inefficacia del Programma di Eradicazione delle Zoonosi a Caserta, almeno per quanto riguarda la più accanita: la brucellosi.
"Sono incoraggianti i numeri forniti al Tavolo tecnico convocato dal commissario straordinario, il generale dei Carabinieri Luigi Cortellessa". Lo ha detto Salvatore Loffreda, direttore regionale di Coldiretti Campania, che è intervenuto all'incontro.
Secondo quanto appreso da Coldiretti una prima buona notizia sarebbe "la riduzione da 17 a 3 delle aziende costrette alla sospensiva delle attività". Ma si afferma anche che "Nell'area cluster i focolai sono 58 e altri 8 sono nell'area non cluster". Il tutto a fronte di "oltre 360 aziende verificate per la biosicurezza, 3.210 i capi vaccinati in 182 stabilimenti con 5.780 inoculazioni". Mentre "per il ripopolamento si rilevano 34 pratiche in lavorazione: 16 non conformi, 10 pareri favorevoli, 5 conferme di sospensione".
Inoltre, secondo una nota diffusa ieri sera dall'Assessorato Agricoltura della Regione Campania "tutte le metodiche utilizzate per l'accertamento e la conferma delle infezioni da brucella sono quelle previste dalle norme di riferimento, specie il Regolamento Ue 689/2020".
"Per fornire qualche dato - continua la nota di Regione Campania - dal 16 aprile 2021 ad oggi, rispetto a 152 focolai aperti, la conferma di malattia si è avuta come segue: 92 con batteriologico positivo (60,53%); 20 con rilevamento della Pcr (13,16%); 40 con linking" e/o "clustering ovvero correlazione epidemiologica, zone buffer e simili, pari al 26,32%".
"Inoltre - conclude la nota dell'Assessorato - con l'entrata in vigore delle nuove procedure previste dalla Delibera di Giunta Regionale 104 dell'8 marzo 2022, le percentuali di conferma, relative ai citati esami diretti (batteriologico e Pcr), sono ulteriormente aumentate, a conferma che vengono abbattuti capi effettivamente infetti".
Sul tema della mancata manutenzione delle reti idriche superficiali che - come evidenziato in più occasioni anche da AgroNotizie® - ha contribuito non poco a favorire l'espandersi dell'infezione di brucellosi, mediante gli allagamenti, il commissario Cortellessa ha comunicato che sono stati fatti passi avanti, seppur con fatica.
"Sui Regi Lagni a ridosso delle aziende bufaline sono stati bonificati quasi 12 chilometri lineari sui 14 circa totali, grazie all'intervento del Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno, guidato dal commissario Francesco Todisco" sostiene Coldiretti sempre sulla base di quanto riferito al Tavolo tecnico dal generale Cortellessa.
Senato, al via l'indagine conoscitiva
E sempre ieri a Roma, nella Commissione Attività Produttive del Senato, è iniziata l'indagine conoscitiva sull'epidemia di brucellosi e tubercolosi tra le bufale campane, segnatamente quelle dalla provincia di Caserta. La prima audizione ha riguardato Nicola D'Alterio, direttore generale dell'Istituto Zooprofilattico dell'Abruzzo e Molise di Teramo, perché è il Centro di Referenza Nazionale per la Brucellosi.
D'Alterio - dopo una breve relazione introduttiva sul che cosa è la brucellosi - ha spiegato chiaramente che questa zoonosi, nonostante si avvii ad essere eradicata in tutta l'Unione Europea utilizzando le norme ordinarie, in alcune zone d'Italia si presenta particolarmente difficile da eradicare. Tre i casi: quello della provincia di Foggia, il Messinese in Sicilia e il Casertano in Campania.
Nel Casertano, tra le cause della persistenza, D'Alterio ha ricordato un periodo di controlli dell'Asl di Caserta non puntuali per la corretta profilassi di Stato, il persistere di condizioni dei canali di bonifica tali da consentire facili allagamenti e il diffondersi dell'infezione, oltre ad una scarsa applicazione delle norme di biosicurezza da parte degli allevatori casertani.
E proprio per questi motivi emergenziali nel Casertano sono state adottate norme più severe per combattere la brucellosi: un Piano Straordinario, quello adottato dalla Regione Campania, che deve aggredire un'area cluster tanto infetta da portare la prevalenza dell'infezione brucellotica al 13% nell'intera provincia.
Con l'emergenza D'Alterio giustifica il mancato rispetto da parte di Regione Campania dell'articolo 9 del Regolamento Ue 689/2020, che impone - per individuare gli animali infetti da Brc e Tbc da abbattere - come prime analisi da eseguirsi quelle dirette, di isolamento dei batteri, e solo in seconda istanza le analisi indirette, indicate invece dal Programma della Campania: Gamma Interferon per la tubercolosi, ritenuto molto preciso, e per la brucellosi Sieroagglutinazione Rapida (Sar), con una sensibilità e specificità al 98%, e la Fissazione del Complemento (Fdc) che arriva al 96%. Per quanto, proprio ieri e come sopra riportato, da Regione Campania si fa sapere che pure le analisi dirette sono state utilizzate in oltre il 60% dei casi - e almeno dal 2021 in avanti - per determinare gli abbattimenti.
Affrontando infine il tema della sieropositività, D'Alterio ha confermato che le analisi post mortem effettuate sui capi abbattuti raramente individuano il batterio, poiché la brucellosi è un'infezione che colpisce le cellule all'interno e la probabilità di mancato riscontro sono elevate. Con tanto il direttore dello Zooprofilattico di Teramo ha chiuso con la polemica spesso rilanciata dagli allevatori sui capi abbattuti; sani ma sieropositivi e comunque non malati. D'Alterio ha sottolineato che un capo sieropositivo va sempre abbattuto poiché potenzialmente in grado di infettare l'intero allevamento.
Breve invece l'intervento di Gianni Fabbris, portavoce degli allevatori casertani, che continuerà ad essere sentito la prossima settimana, e che ha comunque sottolineato come il problema sanitario degli allevamenti bufalini vada inquadrato in un ambito più generale. Infatti, non risponde al vero che a Caserta non si rispettino le norme di biosicurezza, anzi gli allevatori hanno investito per poterle rispettare, ma le condizioni pessime dei canali di bonifica ne hanno vanificato gli effetti.
Non solo, Fabbris ha invocato la necessità di procedere agli abbattimenti nel rispetto dell'articolo 9 del Regolamento Ue 689/2020, ovvero pervenendo all'abbattimento degli animali solo dopo l'esito positivo delle analisi dirette e ha rivendicato la necessità dell'estensione della vaccinazione a tutti i capi bufalini, poiché nel Programma di Eradicazione del 2007, grazie all'RB51 e pilotato proprio dal Centro di Referenza di Teramo, all'epoca diretto dal professor Vincenzo Caporale, si era riusciti a ridurre drasticamente la prevalenza dell'infezione brucellotica negli allevamenti bufalini casertani, unitamente agli abbattimenti.
Fabbris ha poi ricordato come la vaccinazione non costituisca alcun problema di natura commerciale né per gli allevatori, né per i trasformatori del latte, circostanza rilanciata invece in passato dal Consorzio di Tutela e da Coldiretti. E Fabbris ha infine ribadito che negli ultimi anni migliaia di capi sono stati abbattuti senza che sia stata mai rintracciata la brucella nei test diretti post mortem, continuando a chiedersi perché non debbano essere quelli i test di elezione per decidere gli abbattimenti anche in Campania, visto che sono previsti dalla normativa europea.