Il made in Italy passa sicuramente dalla grande abilità dell'industria di macellazione e trasformazione delle carni, ma parte dalla materia prima e dalla professionalità degli allevatori". Così Lorenzo Fontanesi, presidente di Unapros ricordando inoltre che l'Organizzazione e le Op ad essa associata (Opas, Assocom, Aps Piemonte, Asser, Suinmarche, per un totale di oltre 400 allevatori e oltre 1,5 milioni di suini allevati (circa il 20% della produzione nazionale), non possono accettare la teoria della valorizzazione agganciata solamente alla capacità di trasformazione.

"A cosa servirebbero - commenta Fontanesi -, a questo punto, i disciplinari di valorizzazione delle Dop, il tradizionale suino pesante che viene allevato solo in Italia, l'utilizzo di materie prime per l'alimentazione che comportano costi superiori a quelli di altri animali allevati nel resto d'Europa? Tutto questo non contribuisce al made in Italy e alla qualità? I produttori italiani, all’interno di un circuito tutelato e controllato da autorità veterinarie pubbliche, gestiscono un patrimonio di oltre 500mila scrofe per  la produzione di suinetti nati, allevati e macellati in Italia. Questo è vero made in Italy, che evidentemente non a tutti fa comodo riconoscere come tale. Tutto quello che non rispetta le regole del 'nato, allevato e macellato in Italia', è lontano dal made in Italy, è legittimo, ma deve essere individuato come altro. Se  si vuole ricercare giustificazioni per importare carne estera e, magari, spacciarla come italiana perché non c’è una genetica locale, questo è un altro discorso che va individuato in una carenza generale della ricerca italiana applicata al campo agricoloFortunatamente c’è comunque ancora una parte dell’industria italiana, pensiamo ai macelli cooperativi, che vuole stare in Italia, proseguendo a valorizzare la carne di animali nati, allevati e macellati nel nostro Paese. Altrimenti diventa obbligatorio spiegare che differenza c’è tra una industria italiana e una cinese che trasforma genericamente carne e quale sia il plusvalore, se non quello di fregiarsi di italiano. Per quale altra ragione si importa materia prima, senza volerne identificare la provenienza?

Il numero uno di Unapros ha affermato che non si possono incolpare gli allevatori per la scarsa capacità dei trasformatori di fare sistema e di esportare i migliori prodotti italiani, i salumi Dop. "Sconcerta il fatto - sottolinea il presidente - che chi avrebbe il dovere di rappresentare l’industria di macellazione italiana denigri il prodotto che i propri associati acquistano da decenni dagli allevatori italiani, salvaguardando il tessuto sociale ed economico nel quale sono collocati e del quale beneficiano". Infine Fontanesi si chiede quali siano per Assica gli obiettivi di sana e duratura crescita competitiva che si dovrebbero perseguire insieme, se alla sua presidente non interessa la capacità produttiva italiana dei propri associati di trasformare e valorizzare la vera carne dei suini nati, allevati e macellati in Italia.