E' una crisi annunciata quella che ha colpito la produzione di pecorino. Annunciata e ampiamente prevista, ma non si è fatto nulla per evitarne gli effetti. Disastrosi. I magazzini sono pieni di forme che si fatica a vendere e il prezzo del latte ovino è crollato a soli 60 centesimi al litro. Ma produrlo, affermano gli allevatori, costa almeno un euro. Dunque si produce in perdita e gli allevatori di pecore non riescono a far fronte agli impegni con le banche o con i fornitori di mangimi e di attrezzature. E si affaccia il timore di dover vendere gli animali e chiudere l'allevamento. In Sardegna, dove di lavoro già ce n'è poco, questa prospettiva è vissuta, giustamente, con grande preoccupazione, tanto da convincere molti pastori a protestare. Una protesta rimbalzata sulle cronache di molti giornali, quando ad essere presi d'assalto sono stati alcuni aeroporti dell'isola. Ma non sarà facile trovare una risposta alla crisi, che ha radici lontane. Radici che affondano nella crisi economica, nella riduzione degli aiuti comunitari alle esportazioni dei formaggi, nell'apprezzarsi dell'euro sul dollaro. Tutti fattori che hanno finito con il condizionare in negativo, e non da oggi, i flussi di export del pecorino. Un formaggio, il pecorino, che in tema di esportazioni non ha rivali tanto che quasi metà della produzione viene destinata all'export, soprattutto America e Canada, ma anche molti paesi della Ue. Proprio l'America, grande consumatrice di pecorino, già da qualche anno faceva registrare una riduzione delle importazioni del nostro formaggio. Dagli oltre 16 milioni di chili diretti Oltreoceano nel 2006, si è progressivamente scesi a soli 12 milioni nel 2009. E il 2010 rischia di andare peggio. A metà 2010 le forme di pecorino arrivate sulle tavole dei consumatori americani erano ferme a soli 4 milioni di chili.
Prezzi in picchiata
Le esportazioni in Nord America di pecorino e fiore sardo (fonte Istat) | |
anno | milioni di kg |
2007 | 16,4 |
2008 | 13,9 |
2009 | 12,4 |
2010* | 3,9 |
* primi 5 mesi 2010 |
Non c'è da stupirsi se il prezzo del pecorino ha seguito la stessa sorte scendendo dagli oltre 6 euro al chilo del 2006 ad appena 4,70 euro di questi giorni. E il prezzo del latte pagato agli allevatori ha seguito la stessa sorte, con i risultati che oggi tutti lamentano. Eppure già nel 2009 si era al corrente di cosa sarebbe successo, tanto che a fine anno scorso il presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, Toto Meloni, annunciava il disastro incombente e chiedeva interventi, invocando una riduzione della produzione. Richieste inascoltate. Oggi, con i magazzini tristemente pieni di forme che faticano a trovare compratori, è difficile trovare soluzioni. Un aiuto, come ha suggerito il presidente della Commissione agricoltura della Ue, Paolo De Castro, potrebbe arrivare dagli “aiuti de minimis”. Si tratta di appena 15 mila euro per azienda che Bruxelles autorizza a erogare in caso di forti difficoltà. E' la stessa regola messa in campo per la crisi del latte vaccino. Intanto l’assessore all’Agricoltura della Regione Sardegna, Andrea Prato, ha confermato la creazione di una “stanza di compensazione” che avrà il compito di gestire le eccedenze produttive. Poi sarà necessario cercare nuovi mercati per riportare l'export su livelli accettabili. Cosa tutt'altro che facile. Grana Padano e Parmigiano Reggiano, muovendosi in sintonia, sono riusciti a migliorare i rispettivi flussi di export. Il loro esempio (e, perché no, il loro aiuto) potrebbe essere una possibile risposta alla crisi del comparto ovino.
Progetti che non fermano la protesta degli allevatori che guidati dalla Coldiretti hanno manifestato sotto le finestre del ministro dell'Agricoltura, ottenendo la convocazione per giovedì 9 settembre con i vertici del ministero per mettere a punto gli interventi contro