Urge, urge, urge.
Urge per l'agricoltura italiana, ma soprattutto per tutti i consumatori l'etichetta di origine.

Ci prestiamo volentieri in questo caso a far da megafono alla campagna lanciata dall'avvocato specialista in diritto alimentare Dario Dongo riguardo la necessità di nuove regole per garantire la trasparenza dell'informazione al consumatore.

Visti i vari accordi Ttip, Ceta e Mercosur che aprono porti e supermercati di tutta l'Unione alla più varia congèrie di masserizie alimentari dal mondo è necessario fare chiarezza.
Tante volte abbiamo scritto dell'incredibile differenza fra le differenti legislazioni in tema igienico sanitario. Sappiamo che in certi paesi sono permesse in agricoltura sostanze che da noi sono proibite da decenni.

Non parliamo in zootecnia: secondo uno studio dell'Università di Emory, il latte venduto negli Usa per il 60% ha tracce di antibiotici tra cui sulfametazina (37%) e sulfatiazolo (26%), vietati anche dalla più che permissiva legislazione americana da decenni. Per i residui di ormoni, il legislatore americano non prevede poi alcun limite, sia nella carne sia nel latte. Per non far crescere un prosperoso seno contro la propria volontà anche al più virile dei maschietti sarebbe quindi necessario segnalare la presenza di alimenti "esteri" in etichetta.

Dongo propone l'indicazione in etichetta dell'origine del latte e della carne utilizzati per la fabbricazione di qualsiasi alimento. Questa è una regola che deve essere stabilita dall'Unione europea che però almeno sotto la presidenza Junker pareva influenzata da millanta lobbies a cui la trasparenza non pare faccia un gran piacere. La seconda regola riguarda l'origine delle carni servite dalle collettività (leggi hotel, restaurant e catering - Horeca, quindi ristoranti, mense e Co.).
Questa regola spetta invece al legislatore italiano che deve decidere se sostenere la nostra zootecnica e dare al consumatore le informazioni che pretende.

Urge,urge,urge.