Il 24 agosto 2016, alle 3.36 del mattino, fra Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo ha avuto inizio una lunga serie di scosse sismiche che ha cambiato il paesaggio delle quattro regioni e sconvolto le vite della popolazione della zona, compresi agricoltori e allevatori.
Alla prima scossa di magnitudo 6.0 ne sono seguite altre fino a quella del 30 ottobre di magnitudo 6.5, con epicentro fra Norcia e Preci.

A un anno dal primo evento sismico AgroNotizie ha compiuto un viaggio proprio al confine fra Marche e Umbria per fare il punto della situazione per quanto riguarda l'attività agricola e zootecnica.

Ancora la situazione non si è stabilizzata - ci ha raccontato Giovanni Bernardini, presidente di Copagri Marche - La viabilità non è ancora stata ripristinata e quindi in molti hanno difficoltà a raggiungere i loro appezzamenti. Moltissime sono le strutture crollate o inagibili, i moduli d'emergenza sono stati previsti solo per la zootecnia e non per strutture di stoccaggio cereali o legumi. C'è poi un grosso problema di approvvigionamento acqua per gli allevatori che hanno il bestiame sui monti Sibillini”.

Un quadro fosco, confermato da molte testimonianze raccolte sul campo. Il ritorno alla normalità è ancora lontano, nonostante gli interventi delle regioni che, per gli allevamenti, ad esempio, hanno fornito strutture di emergenza quali stalle e fienili.
Fra i problemi principali – ha raccontato ancora Bernardini – c'è quello dell'enorme quantità di ordinanze e norme che si accavallano, ci sono molti soggetti che interloquiscono e quindi si fatica a capire come muoversi, anche i tecnici hanno difficoltà ad interpretare le norme tanto che noi di Copagri abbiamo suggerito che venga stilato un Testo Unico”.
 
 

L'acqua

Il sisma del 30 ottobre è stato talmente potente da provocare il prosciugamento di diverse sorgenti in quota, in zona Castelluccio di Norcia (Umbria). Più a valle, nei pressi di Norcia, è invece riemerso il torrente Torbidone che era scomparso durante il terremoto del 1979.
Le Università di Perugia e La Sapienza di Roma stanno studiando la situazione e hanno portato a termine un censimento di tutte le sorgenti, ipotizzando gli interventi possibili per riportare l'acqua ai fontanili. In alcuni casi sarà sufficiente riparare le opere di captazione già esistenti, in altri casi gli interventi richiedono investimenti importanti che vanno valutati attentamente. Al momento però si opera ancora in emergenza sia nella zona di Visso (Marche), sia sul versante umbro. Si provvede a rifornire gli allevatori con autobotti e in casi limitati sono addirittura gli stessi allevatori che, con più viaggi giornalieri, con mezzi propri, raggiungono le mandrie rifornendo gli abbeveratoi d'acqua.
 

Io compio fra i 4 e i 5 viaggi giornalieri con il mio pick-up. Purtroppo ho una botte che può contenere solo 10 quintali mentre la necessità è di molto superiore per la mia mandria. Ho circa 60 capi bovini e 90 equini, se si calcola che ogni bovino ha bisogno di 60-70 litri al giorno si capisce quanto mi impegni questo lavoro”, ha raccontato Maurizio Sabatini, allevatore di Visso.

A Castelluccio di Norcia invece gli allevatori si sono organizzati in autonomia e, dopo essersi procurati un tubo lungo 10 chilometri, hanno raggiunto una sorgente sul monte Argentella e hanno portato, a piedi, con due giorni di lavoro, il tubo ai diversi abbeveratoi sparsi sulla piana. Si tratta però di una soluzione d'emergenza, quando la situazione sarà tornata alla normalità i tubi andranno infatti rimossi.

Manca l'acqua nelle zone colpite dal terremoto nel 2016: gli allevatori si organizzano come possono con botti e altre soluzioni d'emergenza
Gli allevatori si sono organizzati per portare l'acqua alle mandrie, spesso con mezzi propri
Fonte foto: © Barbara Righini - AgroNotizie
 

Stalle e fienili crollati

Già all'indomani del primo sisma di agosto è apparsa evidente la necessità di intervenire a sostegno della zootecnia dal momento che molte stalle e depositi per il fieno erano stati danneggiati in maniera importante o addirittura erano crollati. Ecco allora che, con l'ordinanza n. 5 del commissario straordinario per il sisma, è stata prevista la delocalizzazione immediata d'emergenza proprio per le strutture danneggiate e, nella pratica, sono state le regioni a provvedere.

Nel Lazio sono state installate 62 stalle fra bovini e ovini, 55 fienili su 56 richiesti; nelle Marche è stata portata a termine la costruzione di 172 stalle temporanee su 233 richieste e 78 fienili su 127; in Umbria sono stati posizionati 152 moduli di ricovero animali e 83 fienili; in Abruzzo sono state gestite dalla regione 26 strutture fra fienili e stalle di cui 21 già pronte, 5 in allestimento.

Non tutto però è andato come doveva, c'è un malcontento diffuso fra gli allevatori per via delle soluzioni temporanee adottate. La regione Lazio, che ha curato per tutti i territori colpiti dal sisma il bando di gara per la fornitura di stalle e fienili, si è avvalsa della consulenza di diversi esperti dell'Università della Tuscia, di Arsial e dell'Associazione Italiana Allevatori, ma ciò non è stato sufficiente.

Utilizzando l'ordinanza 5 sarebbe stato possibile per gli aventi diritto provvedere ad acquistare in proprio una stalla d'emergenza, previa autorizzazione della regione, ottenendone l'immediato rimborso ma praticamente nessuno ha scelto questa via: difficile pensare di contrattare privatamente la costruzione di una stalla o di un fienile mentre si è in emergenza, si vive in un container o una roulotte con tutti i punti di riferimento saltati in pochissimi secondi, quelli del sisma.
In più c'è da considerare il fatto che la normativa si è susseguita, rapida, spesso un'ordinanza modifica la precedente o parte di essa ed essendo dentro un parco, quello dei Sibillini, la preoccupazione è stata anche quella di vedersi contestare ex post opere costruite in emergenza. Ecco quindi che praticamente tutti hanno scelto di accettare le strutture offerte dalle regioni.
 
Molte stalle pericolanti vengono ancora utilizzate
Alcuni allevatori hanno preferito non richiedere stalle provvisorie, sebbene le loro siano state danneggiate dal sisma
Fonte foto: © Barbara Righini - AgroNotizie

Ogni giorno cambiano le cose – ci ha raccontato sconsolato Massimo Severini dell'Azienda Agricola Casale Perla di Norcia, la casa da demolire così come un fienile mentre altre due strutture sono pesantemente danneggiate – Le ordinanze si susseguono e non è facile stare loro dietro”.
Severini ha scelto di non accettare la stalla provvisoria, ha invece chiesto il fienile: “E' altissimo e quando qui andrà sotto zero e nevicherà è certo che entreranno acqua e umidità rovinando il fieno o i cereali che vi fossero stoccati. Abbiamo valutato la chiusura a spese nostre, costa circa 3200 euro, ma abbiamo dubbi sulla soluzione che ci è stata proposta”.

Virgilio Lupi dell'Agriturismo La Tana dei Lupi, Norcia, ha una mandria di quasi 90 capi fra mucche da latte e da carne, l'agriturismo distrutto così come la casa privata, ha scelto di richiedere la stalla: “A febbraio è arrivato il tunnel, è lunghissimo e senza areazione, caldo d'estate e umido d'inverno. Con questi caldi al centro ci saranno 50 gradi, in più non ha la sala mungitura. Lo abbiamo segnalato diverse volte in regione ma ci è stato risposto che dobbiamo provvedere noi. Io non me la sento”.
 

Per la verità sarebbe possibile ricorrere sempre all'ordinanza numero 5 e, previa autorizzazione della regione, costruire per farsi poi rimborsare le spese ma a costo di districarsi fra decreti e ordinanze, moduli da riempire, perizie da fare.

Qualche criticità effettivamente c'è – ha ammesso Mauro Bacinelli della sezione Interventi connessi alle calamità naturali della regione Umbria – Noi stessi abbiamo fatto modificare le strutture fornite e si stanno valutando altre modifiche relative proprio all'areazione delle stalle provvisorie. Per quanto riguarda invece eventuali modifiche ai fienili, quelle, in effetti sarebbero a spese loro”.


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