La crisi non risparmia l'agricoltura: 'taglia' imprese e posti di lavoro anche nei campi.

All'appello mancano infatti 40.000 occupati, sia nelle posizioni lavorative dipendenti sia in quelle autonome, esclusivamente nel Centro-Nord. Tendenza capovolta al Sud, invece, che non solo 'tiene' ma segnala un incremento del 3,1%.

Sono i dati relativi al secondo trimestre del 2011 contenuti nell'ultima ricerca dell'Istat sull'occupazione in Italia. Quello dell'agricoltura è un dato in controtendenza rispetto alla situazione generale, che vede in diminuzione il numero dei senza lavoro e l'occupazione in crescita dello 0,4% (+87mila unità) rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Non solo: quello dell'agricoltura è il calo più elevato nel numero di lavoratori tra tutti i settori: ben il 4,6% rispetto allo stesso periodo del 2010. La riduzione degli occupati nei campi si è fatta sentire sia tra i lavoratori dipendenti (-5%) che tra quelli autonomi (-4,2%) e ha colpito soprattutto il Nord (-12,2%) e il Centro Italia (-8,6%) mentre si è verificato un aumento del 3,1% al Sud.

"La forte riduzione del numero degli occupati - interviene Coldiretti - è il risultato della situazione di crisi di mercato che ha colpito alcune coltivazioni ad elevato impiego di manodopera come la frutta e la verdura, amplificata dagli effetti della ingiustificata psicosi determinata dal batterio killer in Germania".

I dati Coldiretti sono inquietanti: secondo l'organizzazione, a causa del crollo dei consumi e delle esportazioni sull'onda della paura per il 'batterio killer', sono rimasti invenduti oltre cinquanta milioni di chili di verdure italiane, sane e in perfette condizioni.

Secondo Coldiretti anche lo sfavorevole andamento stagionale della primavera, che a casa delle piogge continue ha ostacolato il normale svolgimento delle semine, ha contribuito a determinare il calo dell'occupazione nei campi.

La Cia - Confederazione italiana agricoltori individua la causa di questa 'fuga' dai campi nel perdurare delle difficoltà economiche e soprattutto nei costi produttivi alle stelle, che sfiancano le imprese e costringono a tagliare posti. Solo tra aprile e giugno - rende noto la confederazione - gli imprenditori hanno dovuto sborsare il 20% in più per i mangimi e il 7% in più a causa del caro-petrolio.

Un problema atavico del settore, quello della forbice tra costi di produzione troppo elevati e prezzi sui campi non remunerativi, che però si è acuiti in questi ultimi mesi. Nel secondo trimestre del 2011 infatti - spiega la Cia - i costi di produzione delle imprese sono cresciuti del 5,5% sullo stesso periodo del 2010, soprattutto nella zootecnia (fiore all'occhiello del Nord) dove l'indice complessivo dei costi per gli allevatori è schizzato su del 12,2% annuo. A pesare sulle tasche degli imprenditori agricoli sono soprattutto i mangimi (più 20%) e il caro-energia (più 7%).

Bisogna quindi correre ai ripari, dunque, e senza ulteriori rimandi: per ridare fiato alle imprese, sottolinea la Cia, c'è bisogno di interventi a sostegno del settore e "di un nuovo progetto di politica agraria che da anni manca in Italia". Il rischio, avverte la Cia, è che altri lavoratori, e migliaia di aziende, escano definitivamente dal mercato, con ripercussioni sociali gravissime.

Il calo registrato dall'Istat "è un forte campanello d'allarme per la tenuta dell'agroalimentare Made in Italy", commenta Confagricoltura. "E' assolutamente necessario ed urgente che per l'agricoltura siano varate misure di sviluppo al pari di quelle che sono in cantiere per gli altri settori dell'economia".

Confagricoltura unisce la propria voce a quella della Cia e di altre organizzazioni del comparto come Copagri nell'invocare "una politica nazionale per l'agricoltura. La tenaglia di costi alti e prezzi infimi stritola le imprese del settore e le conseguenze si vedono. Occorrono misure che riequilibrino la distribuzione del valore nella filiera, liberino le potenzialità e le capacità imprenditoriali, diano spazio ad una grande agricoltura di produzione e qualità, l'unica in grado di creare lavoro e contribuire alla crescita economica".

Solo ombre, dunque, sull'agricoltura in Italia? Niente affatto: se la Cia ricorda che è proprio il settore primario ad aver frenato emorragie occupazionali, mantenendo alta l'occupazione per tutto il 2010 (+1,9%) e tra gennaio e marzo 2011 (+1,2%), la Coldiretti sottolinea l'importante opportunità occupazionale offerta dal settore a molti giovani. A vendemmia e campagna di raccolta della frutta, infatti, secondo le stime hanno partecipato ben 250mila persone.

Aggiunge Confagricoltura: "La perdita di posti di lavoro è sintomatica di un settore con caratteristiche anticicliche, che ha sopportato il peso della crisi fino ad oggi, riuscendo nel contempo a creare lavoro, ma che ora non può più, come è successo sinora, fare da argine alle difficoltà della congiuntura attuale".