Poi il 17 marzo, con qualche mese di ritardo, ecco finalmente la pubblicazione, che dà efficacia al provvedimento.
Per i bovini vivi le aliquote di compensazione Iva salgono dal 7 al 7,65%, nel caso dei suini vivi si passa dal 7,3 al 7,95%.
Vengono così confermate le stesse aliquote già in vigore nel 2016 e 2017, tanto che appare improprio parlare di un aumento nel 2018. Ma se non altro si è scongiurato il rischio di un ritorno alle più basse aliquote applicate sino al 2015.
Retroattività
Chi avesse già utilizzato le aliquote più alte per le prime scadenze dell'anno in corso, prima della pubblicazione del decreto in GU, può stare tranquillo. Il decreto ne dà efficacia a partire da inizio anno e per tutto il 2018 e dunque nessun rischio di contenziosi con l'erario.Queste aliquote continueranno ad essere in vigore anche per i due anni successivi, dunque 2019 e 2020, ma la loro applicazione dovrà essere confermata ad ogni inizio d'anno. Un altro esempio della astrusità della nostra legislazione fiscale, ma è inutile stupirsi.
Un sostegno agli allevatori
Cosa accade ora? Le aziende zootecniche in regime speciale potranno contare su una detrazione degli importi Iva da versare, pari alle percentuali di compensazione stabilite. In pratica potranno trattenere una parte dell'Iva altrimenti dovuta all'erario.Un modo per dare un sostegno ai produttori di carni bovine e suine che ha una lunga storia alle spalle. L'introduzione del "regime speciale Iva" risale infatti al 1972, proprio in occasione di una pesante congiuntura negativa per le nostre stalle.
Solo per il "regime speciale"
Va chiarito che di queste aliquote di compensazione potranno avvalersi solo le aziende in "regime Iva speciale". Le altre, quelle in regime ordinario, non potranno ovviamente usufruirne. A questo punto non resta che chiedersi quando convenga aderire all'una o all'altra delle due possibili condizioni.Come già approfondito da AgroNotizie nell'anticipare a fine 2017 i contenuti della legge di Bilancio, le aziende che hanno importanti uscite Iva, di poco inferiori o anche superiori agli importi in entrata, possono preferire il regime ordinario a quello speciale.
Un'eventualità non rara a verificarsi, visto che le vendite di animali vivi sono assoggettate a Iva al 10%, mentre le voci di spesa hanno con frequenza aliquote del 22%.
L'enigma su quale regime preferire può essere risolto solo dalla calcolatrice.