A favorire queste tesi è – per quanto riguarda l’Unione europea – l’adozione del Pacchetto Latte anticrisi, provvedimento che dovrebbero sortire una qualche efficacia, purché la gestione complessiva di contenimento delle produzioni sia la più possibile condivisa e che i singoli Stati Membri mettano sul piatto una cifra cospicua, in grado di rafforzare la tranche di 500 milioni di euro. Una cifra che, detta così, potrebbe sembrare ingente, ma a conti fatti – soprattutto se le possibilità di utilizzo comprendono giustamente anche altri segmenti in crisi, come la suinicoltura e l’ortofrutta – si traduce in non moltissimi quattrini per le stalle.
Inoltre, anche il prolungamento della possibilità di beneficiare degli stoccaggi privati per il burro e la polvere di latte scremato, coi magazzini già oggi tutt’altro che vuoti, potrebbe generare in una prima fase un rilancio delle quotazioni, per poi far ripiombare il mercato a impaludarsi nella risacca.
Mercato in timido rialzo
Alcuni segnali sono inequivocabilmente positivi e questo è già qualcosa. Il 25 luglio, le quotazioni del latte spot sulle piazze di Lodi e di Verona (punti di riferimento internazionale per comprendere dall’estero cosa bolle in pentola in Italia) hanno marcato una risalita. Non si può parlare di fiammate, tutt’altro, ma in un mercato che fino a poche settimane fa vedeva di fronte a sé solamente il baratro, è un primo passo da non trascurare. Così dovrebbero appunto essere letti i 34 euro/100 kg di Lodi (4,62% rispetto alla quotazione precedente) e i 34,25 euro/100 kg di Verona (+0,29 per cento).
Attenzione ai costi produttivi
L’auspicio è che, accanto alla ripresa dei prezzi, non incidano troppo gli incrementi segnati da mais e soia, con conseguente appesantimento dei costi della razione alimentare dei bovini in stalla. Il prezzo del mais nazionale, in particolare, ha raggiunto i 192,50 euro/tonnellata sulla piazza di Milano, il 20,31% in più rispetto ai valori dell’anno scorso.
L’export Ue di formaggi
A livello comunitario, l’export di formaggio nel periodo gennaio-maggio 2016 (fonte: Clal.it) ha segnato su base tendenziale un +15,1%, invertendo così un trend negativo che aveva caratterizzato i primi cinque mesi del 2015 (-11,8% sul 2014) e del 2014 (-1,9% sullo stesso periodo dell’anno precedente). Ma la notizia più interessante è che la ripresa delle esportazioni nella prima parte dell’anno – per quanto nel periodo più esteso (giugno 2015-maggio 2016) abbia ceduto sul campo 33.000 tonnellate in equivalente latte – ha fatto sì che si siano raggiunti i valori globali di export di quanto il canale russo era ancora aperto.
Ritorno ai volumi pre-crisi russa
Ciò significa che oggi non si dovrebbe più parlare di sofferenze causate dall’embargo russo, se non forse per quei Paesi dell’area baltica o dell’Est Europa, che dai rapporti commerciali con la Russia traevano una fonte di guadagno decisiva. E questo spiega la particolare attenzione riservata dalla Commissione Agricoltura dell’Ue nella ripartizione delle risorse del Pacchetto Latte, come ha rilevato correttamente Fieragricola di Verona, analizzando i dati di Clal.it.
Mosca, in particolare, ha ridotto le importazioni di prodotti lattiero caseari, scommettendo su un piano di rilancio della zootecnia che necessita comunque di almeno 18-24 mesi per dare i primi risultati tangibili. Nel frattempo, ha sopperito la mancanza di import dall’Ue-28 attivando nuovi scambi o rilanciando quelli già consolidati con la Cina, l’India, l’Argentina, l’Iran, la Serbia, la Bielorussia.
Opportunità per Italia e Francia
Una lettura ottimistica avanzata da imprenditori ed esperti del settore punta l’attenzione sui potenziali vantaggi che l’Italia potrebbe ottenere, quando cadrà il muro fra Russia e Ue. La chiave di tutto sarà, ancora una volta, la qualità. Oggi, infatti, la Russia importa formaggi standard, forse più commodities che specialties. Eppure, il Paese di Putin apprezza ancora una qualità che Paesi come Italia e Francia possono garantire. Naturalmente quella fascia di alto reddito che può permettersi di spendere qualcosa in più.
Corre l’import cinese
Il Dragone cinese è tornato a soffiare fuoco, mostrando i muscoli e ricominciando a importare. Solo nel mese di giugno 2016 le importazioni di polvere di latte intero (Wmp) hanno segnato un +120,24% su base tendenziale. Molto positive le importazioni di prodotti finiti, in linea con la tendenza già evidenziata nel recente passato di ricercare per i propri consumatori la qualità. Ecco allora che il mese di giugno 2016 è stato testimone di un incremento significativo rispetto allo stesso periodo del 2015 per il burro (+40,72%), il latte confezionato (+37,33%), il latte per l’infanzia (+18,05%), il formaggio (+27,66 per cento). Fra gennaio e giugno di quest’anno, le importazioni in latte equivalente sono schizzate del +927%; a beneficiarne, in particolare, la Nuova Zelanda (+554%), ma anche l’Unione europea (+299 per cento).