Si sta facendo strada tra i caseifici di montagna, ma anche in termini di riscontri commerciali ed economici, il nuovo “Progetto qualità”, messo a punto dal Consorzio del Parmigiano Reggiano e dedicato in modo specifico al formaggio prodotto nelle aree appenniniche di montagna.

In queste aree si concentra una produzione che si attesta oltre le 700mila forme su un totale di 3.300.000, ed è una cifra che evidenzia che il Parmigiano Reggiano è il formaggio Dop che vanta la più elevata produzione in montagna, per un valore al consumo superiore ai 380 milioni di euro e 3,5 milioni di quintali di latte destinati alla trasformazione.

“Proprio grazie a questi valori - sottolinea il direttore dell’ente di tutela Riccardo Deserti - le zone appenniniche delle Province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte del bolognese, hanno mantenuto un sistema agroalimentare dinamico ed in grado di garantire reddito a 1.200 allevatori e attività a 102 caseifici che assicurano migliaia di posti di lavoro in aree tra le più svantaggiate proprio in termini di economia ed occupazione”.
“Questo sistema, tuttavia, sopporta condizioni di fragilità e costi produttivi superiori, che mettono a rischio la filiera di montagna al confronto della nuova concorrenza globale”
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“Proprio per assicurare possibilità di tenuta e di ulteriore sviluppo a questo sistema, - continua Deserti - dopo aver ottenuto dall’Unione europea (Regolamento comunitario 1151) la possibilità di utilizzare la denominazioneprodotto di montagna’, il Consorzio lo scorso anno ha definito ‘Progetto qualità’, che mira a selezionare le migliori forme di Parmigiano Reggiano prodotte dai caseifici certificati e proporle al consumatore puntando ad ottenere un riscontro di valore e, quindi, di reddito, andando così a colmare quel gap sui costi che oggi è a svantaggio di questa produzione”.

“Il progetto - prosegue il direttore del Consorzio - ha assunto una rilevanza ulteriore dopo la liberalizzazione delle quote comunitarie e la crisi del latte sia a livello nazionale che internazionale, che espone proprio le produzioni di montagna al rischio di essere spazzate via da una concorrenza che, sui prodotti generici, è sicuramente avvantaggiata da costi di produzione decisamente più contenuti”.

La risposta dei caseifici non si è fatta attendere. A marzo 2016 hanno aderito al “Progetto qualità”, già quattordici caseifici, e ben 100mila forme di prodotto di montagna, sono già state prodotte nel 2015 e saranno disponibili per la commercializzazione e stagionate almeno ventiquattro mesi nel 2017.

“Un risultato - spiega Deserti - decisamente importante, anche perché l’adesione al progetto comporta importanti impegni da parte dei produttori, che si traducono proprio in quel valore aggiunto che viene assicurato ai consumatori e che può generare una maggiore redditività al prodotto di montagna”.

"Per ottenere la certificazione, il latte trasformato deve provenire esclusivamente dagli allevamenti della montagna, le bovine debbono essere alimentate prevalentemente con erba e fieno (vale anche qui il divieto assoluto dell’uso di insilati e additivi) che per oltre il 60% debbono avere un’origine locale (la parte rimanente può comunque essere acquisita esclusivamente in altre aree del comprensorio del Parmigiano Reggiano), e al ventiquattresimo mese di stagionatura (cioè un anno dopo la prima espertizzazione, con cui si classifica ufficialmente il prodotto come Parmigiano Reggiano) il formaggio è oggetto di un’ulteriore selezione qualitativa che include anche un panel di assaggio che ne verifica l’identità sensoriale".

“L’adesione dei caseifici - sottolinea Deserti - è un chiaro indice della volontà di investire su questa differenziazione e valorizzazione, rispetto alla quale vi sono anche i primi riscontri commerciali ed economici. Alcune primarie catene distributive hanno già manifestato un interesse specifico per la vendita di questa produzione certificata di montagna, ed il prodotto, che già rientra nel percorso di certificazione del “Progetto qualità” del Consorzio, nell’ultimo mese ha ricevuto un riconoscimento di quaranta centesimi in più al Kg rispetto alle quotazioni ordinarie, apportando un incremento di circa tre centesimi in più sul valore di un quintale di latte”.

“Si tratta - conclude il direttore del Consorzio - di una spinta in più sul reddito dei produttori che già indistintamente si sono visti riconoscere un nuovo valore dall’attribuzione delle quote latte da destinare a Parmigiano Reggiano, dopo la cessazione del regime e che ora, in queste aree svantaggiate, possono avvalersi di una nuova opportunità rispetto ai problemi che scontano coloro che mantengono viva tanta parte dell’economia dell’Appennino tra Parma e Bologna”.

Sul sito è presente la pagina dedicata al “Progetto qualità - Prodotto di montagna”, nella quale vengono fornite le informazioni sul progetto e l’elenco aggiornato dei caseifici certificati.