Il mercato dei suini continua ad essere in difficoltà. I prezzi sono ancora in flessione, confermando così il calo di quasi il 10% già registrato nel dicembre del 2015 rispetto all'anno precedente. A soffrire di più è il segmento dei suini pesanti, quelli che forniscono la “materia prima” per i nostri più importanti salumi Dop. Sulla piazza di Modena il prezzo è sceso in questi giorni ad appena 1,30 euro al chilo per i soggetti di 156-176 chili, e si ferma a 1,18 euro al chilo per quelli più “leggeri”, fra i 115 e i 130 chili di peso vivo. E non va meglio nel resto d'Europa. Le analisi riportate da Ismea confermano cali diffusi delle quotazioni in Danimarca e la timida ripresa registrata in Olanda e Germania lascia i prezzi assai distanti dai massimi del 2015, per non parlare del 2014, quando i prezzi erano più alti di circa il 30%.

Il soccorso della Ue
La lunga stagione di crisi del settore è stata al centro delle attenzioni della Commissione europea che nel dicembre dello scorso anno aveva deciso di intervenire con un nuovo programma di aiuti per l'ammasso privato. Come anticipato da Agronotizie, gli ammassi si sono aperti il 4 gennaio per un tempo minimo di 60 giorni e riguardano periodi di 90, 120 e 150 giorni per un quantitativo minimo di 10 tonnellate per le carni disossate, che sale a 15 tonnellate negli altri casi. L'obiettivo di questi ammassi, come intuibile, è quello di riequilibrare domanda e offerta per favorire una ripresa dei prezzi.

Efficacia limitata
Ma sono passati oltre venti giorni dall'inizio degli ammassi e la situazione di mercato non si è modificata. La loro efficacia sembra dunque assai limitata, come confermano le dichiarazioni di Gabriele Canali, direttore del Crefis, il centro di ricerche economiche sul settore suino dell'Università Cattolica di Piacenza. “L'aiuto all'ammasso privato – spiega Canali - è uno dei pochissimi strumenti della politica agricola del passato rimasti ancora a disposizione per interventi sui mercati. È una misura a carattere contingente che da sola potrà solo cercare di limitare, e molto parzialmente, la volatilità dei redditi degli allevatori. Lo strumento potrà ridurre in modo transitorio e limitato la pressione sul mercato delle carni suine. Ma il vero problema – prosegue il direttore del Crefis – è che questa rappresenta la sola misura per ora prevista da Bruxelles per il comparto suinicolo, che al contrario avrebbe necessità di politiche più strutturali che coinvolgano tutta la filiera”.