Prima ancora che si chiuda il negoziato sulla riforma della Pac, gli avicoltori si schierano contro e sperano in un miracolo per non essere esclusi dai fondi che Bruxelles destina all’agricoltura.
Una sorte, quella degli allevamenti di polli, tacchini, galline e fagiani, che potrebbe essere comune anche ai suinicoltori, tradizionalmente fuori dal circuito privilegiato dei beneficiari delle risorse della Politica agricola comunitaria.

A tuonare contro gli euro burocrati, i parlamentari europei, persino il presidente della commissione Agricoltura al Parlamento europeo, Paolo De Castro, è Gianni Comati, presidente della sezione Avicoli dell’Unione agricoltori di Brescia e della Lombardia e vicepresidente nazionale della federazione di prodotto in Confagricoltura.
Comati, che alleva tacchini nel Bresciano, allarga le braccia sconsolato. “Ci aspettiamo solamente un miracolo – dichiara – perché, visto lo stato avanzato dei lavori, il destino degli allevatori del comparto avicolo pare segnato. Eppure basterebbe poco e cambiare tre parole nella riforma”.
Un lavoro piuttosto rapido, insiste Comati, “che dovrebbe sostituire alla locuzione elenco dei prodotti ammissibili al sostegno la dicitura tutti i prodotti agricoli”.
Invece, nella versione che i vari triloghi di Commissione, Parlamento e Consiglio stanno delineando non vi sarebbero contenute proposte concrete per aiutare l’avicoltura, nonostante, sottolinea Comati, “l’Unione europea possa contare su un patrimonio di 4 miliardi solo di polli, dei quali 500 milioni allevati in Italia”.

Basti pensare che nella sola Italia, secondo i dati espressi recentemente da Unaitalia, associazione interprofessionale di riferimento, “nel 2012 sono state prodotte 1.261.000 tonnellate di carni avicole (+2,3% sul 2011), oltre 12 miliardi di uova (-1,3% rispetto all’anno precedente), per un fatturato di settore pari a 5 miliardi e 750 milioni di euro”.
In crescita anche i consumi di prodotti avicoli: “+4,1% rispetto al 2011, arrivando a toccare i 19,4 kg procapite/anno, mentre quelli delle uova restano sostanzialmente stabili (13 kg procapite/anno, pari a circa 206 uova a testa)”. 
Secondo il vicepresidente della Federazione di prodotto avicola, Comati, “le previsioni di crescita sono ulteriormente positive, dal momento che nel giro di tre anni i consumi di carne avicola balzeranno al primo posto, davanti al bovino, che continua a perdere terreno, e al suino”.
Però, salvo appunto sorprese, l’Ocm unica non dovrebbe comprendere né avicoli né suini.

“Inconcepibile, tanto che ho inviato una mail al mio presidente confederale, Mario Guidi – sostiene Comati - affinché prendesse posizione netta in difesa degli avicoltori e spingesse a far modificare il testo della riforma”.
Comati è un fiume in piena e nel mirino finisce anche il presidente della commissione Agricoltura, Paolo De Castro, premiato con il Mep Awards, riconoscimento assegnato dall’Unione europea agli eurodeputati che con il loro operato hanno contribuito in maniera significativa. “Mi dispiace però che De Castro non si sia battuto per l’avicoltura, perché se è vero che la maggior parte degli allevamenti sono in soccida, è anche vero che lo stesso vale per i bovini da carne e soprattutto per i vitelli a carne bianca, che non sono esclusi dai premi Pac. Invece noi allevatori di polli siamo vittime di altri comparti privilegiati, come il latte, il tabacco, il riso, eccetera”.

Per il settore non è un momento facile, “e l’accordo bilaterale fra Ue e Ucraina per l’importazione di uova senza alcuna informazione relativa all’allevamento ha penalizzato i produttori europei. E il danno lo abbiamo sofferto soprattutto nel periodo pre-pasquale, quando i listini delle uova hanno sempre vissuto una fase rialzista”.