In Nuova Zelanda la produzione di latte continua a crescere (+9,6%, secondo i dati raccolti da Clal), e in aumento sono anche le produzioni australiane (+4,17%). E in un mercato come quello del latte, fortemente influenzato dagli andamenti mondiali, un innalzamento della produzione è il primo segnale di una possibile discesa del prezzo. Ben lo sanno le industrie del settore che allo scadere degli accordi siglati con gli allevatori si apprestano ad un possibile rinnovo minacciando cali sensibili. E' quanto sta accadendo in Lombardia, regione simbolo del latte italiano (vi si produce oltre il 40% del latte nazionale) dove il 31 marzo è scaduto l'accordo che le Organizzazioni professionali avevano siglato con Italatte (gruppo Lactalis), un accordo che fissava a 40,7 centesimi di euro il prezzo del latte alla stalla in questi primi tre mesi del 2012. Un prezzo, quello scaduto a marzo, che teneva conto del buon andamento di mercato per Parmigiano Reggiano e Grana Padano in particolare, che da solo raccoglie una parte considerevole del latte prodotto nelle regioni ove si produce questa Dop. Dal gennaio di quest'anno le quotazioni del Grana Padano sono in costante, seppure leggera, discesa, passando dai 9 euro al kg del gennaio agli 8,75 euro (stagionature di 14-16 mesi). E si temono riduzioni anche maggiori come conseguenza della maggiore produzione. Situazione analoga si prospetta per l'altro big del settore, il Parmigiano Reggiano. In questo caso i prezzi sono passati dai 12,07 euro per kg di gennaio (stagionatura di 24 mesi ed oltre) agli 11,96 euro di marzo. E anche qui i magazzini di stagionatura registrano una maggior presenza di forme.

 

Rinnovo al ribasso

Forti di queste situazioni i rappresentanti delle industrie del latte hanno lasciato intendere che la loro proposta di prezzo per la prossima trattativa si fermerà ad appena 36 centesimi di euro al litro. “Si tratta - spiega Ettore Prandini, allevatore e neo presidente della Coldiretti Lombardia - di richieste che non hanno riscontro nella situazione reale del mercato. Qualsiasi tentativo di spingere al ribasso il prezzo del latte alla stalla - ha aggiunto Prandini - non è giustificato soprattutto in un momento come questo in cui le aziende agricole devono far fronte a sempre maggiori tasse, a costi dell'energia in aumento e all'incognita legata alla direttiva nitrati.” Le premesse per una lunga e difficile trattativa, dunque, ci sono tutte. A dispetto del “pacchetto latte” deciso a Bruxelles e alle sue indicazioni per dare al settore maggiore equilibrio nei rapporti contrattuali fra allevatori e imprese del settore. Anche questa è una conferma che il trasferire sul piano operativo i dettati delle norme non è cosa semplice e immediata