La recessione continua a pesare sul Pil italiano per il quarto anno consecutivo. I dati diffusi dall'Istat sui conti economici nel primo trimestre del 2012 restituiscono un quadro a tinte fosche: "Il prodotto interno lordo espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato - recita lo studio - è diminuito dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e dell'1,4% nei confronti del primo trimestre del 2011".

Un calo che, tradotto in altre parole, è il peggiore da tre anni a questa parte. Particolarmente in sofferenza i comparti dell'industria e dei servizi, che fanno segnare rispettivamente -2,0% e -0,6% su base congiunturale.

Ma c'è un settore da cui viene un dato positivo, l'unico in tutto il panorama produttivo sotto i riflettori dell'Istituto di statistica: è l'agricoltura, con un notevole +4,9% sul piano congiunturale e +0,4% su quello tendenziale. Dato positivo anche per l'altro tasto dolente in tempo di crisi, l'occupazione: con un aumento del 6,7%, infatti, le assunzioni dei dipendenti impegnati in campagna sono in netta controtendenza all'andamento generale.

"L'agricoltura ha dimostrato ancora un volta dinamicità e vitalità" commenta il presidente della Cia - Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi, che però avverte: "L'incremento non deve trarre in inganno".

Non è tutto oro quel che luccica, infatti: anche l'agricoltura è in una sacca recessiva dalla quale fatica ad uscire e che le ha fatto perdere, nel periodo dal 2004 al 2011, il 6% del valore aggiunto (circa 1,7 miliardi a prezzi costanti 2005)".

"Le imprese - spiega Politi - continuano a essere in grande affanno, sempre più oppresse da pesanti costi produttivi e da gravosi oneri contributivi e burocratici, che con le misure del Governo Monti aumenteranno ulteriormente. I prezzi praticati sui campi, dopo una fase di ripresa, segnano un nuovo calo". La situazione è critica: basti pensare che negli ultimo dieci anni hanno chiuso più di 500mila imprese agricole, in particolare quelle che operavano in zone di montagna o svantaggiate.

Tramite il suo presidente, la Cia invita il Governo a guardare "con maggiore attenzione verso i produttori, costretti a operare in un contesto carico di ostacoli. E' indispensabile l'adozione di politiche nuove tese a valorizzare e sviluppare l'attività imprenditoriale del settore".

Anche la Confagricoltura chiede politiche mirate a favorire la ripresa e a migliorare la competitività delle produzioni del settore primario. La chiave? Innovazione tecnologica e rafforzamento dimensionale delle aziende.

"Non dimentichiamo - conclude la Confagricoltura - che il settore agricolo è troppo soggetto al mercato globale ed alle tensioni dei prezzi delle materie prime e dell'energia, che si riflettono anche sui costi di produzione".

"Ma il potenziale c'è - osserva la Copagri - l'agricoltura è viva e vitale e la crescita del valore aggiunto suggerisce la via della produzione e dell'economia reale della quale il settore è emblema. Occorre rimettere al centro l'interesse per la produzione e per il consumo, riportando il sistema finanziario alla sua originaria posizione di servizio".

"L'Italia - si unisce la Coldiretti - può tornare a crescere solo se investe nelle proprie risorse, che sono i territori, l'identità, il turismo, la cultura e il cibo: una leva competitiva formidabile per trainare il made in Italy nel mondo".