Si è chiuso a Copenaghen il 49° Congresso internazionale di Apimondia, che è stato considerato dagli organizzatori uno tra i più belli e partecipati degli ultimi 20 anni.
Un congresso che ha visto coinvolti oratori, ricercatori ed espositori da 121 Paesi del mondo e un numero di iscritti che ha raggiunto le 8mila persone, quasi mille in più rispetto alle previsioni iniziali.
Particolarmente ricco il programma scientifico, con più di 300 conferenze, oltre a workshop, tavole rotonde e una sessione dedicata ai poster, dove sono stati affrontati tutti i temi legati al mondo delle api e dell'apicoltura, dalla biologia alle avversità, dallo sviluppo rurale alla qualità e al mercato del miele, dall'apiterapia all'impollinazione e alla flora apistica.
Particolare attenzione è stata data a quelle che sono le sfide e le problematiche principali dell'apicoltura di oggi: la lotta alle malattie degli alveari - è stato dato molto spazio alle ricerche sulla selezione di api da miele resistenti a patologie e parassiti -, il contrasto alla contraffazione e la tutela del mercato del miele.
E questo congresso ha visto anche molti italiani tra i protagonisti, sia a livello fieristico che a livello scientifico, anche se si è notata la mancanza di una rappresentanza nazionale ufficiale.
Infatti, a differenza di altri Paesi come l'Argentina, la Slovenia, la Lituania, la Bulgaria, il Brasile, l'Ungheria, la Tanzania, gli Emirati Arabi, la Polonia o i Paesi Scandinavi, non c'era un padiglione ufficiale dell'Italia come nazione, né quello di una o di tutte e tre le associazioni apistiche nazionali.
La stessa mancanza si è sentita al Global Honey Bar, lo stand dove si potevano assaggiare 300 mieli da varie parti del mondo, dal Sud Africa alla Cina, dalle Fiji al Cile, dall'Irlanda alla Nuova Zelanda, ma dove non c'erano mieli italiani.
Tuttavia, la presenza italiana si è sentita e molto, sia tra i visitatori, sia con la partecipazione in fiera di molte delle migliori aziende specializzate nella costruzione di macchine e attrezzature apistiche e in prodotti per la nutrizione e la cura degli alveari, oltre all'Aissa, l'Associazione Italiana per la Selezione e la Salvaguardia di Apis mellifera, e ai suoi allevatori di api regine.
Ma è soprattutto nella parte scientifica che gli italiani, anzi le italiane hanno avuto un ruolo da protagoniste. Oltre alle numerose presentazioni e poster, due dei premi per i migliori lavori sono andati alle nostre ricercatrici.
Il primo è stato il premio per il miglior poster sulla flora apistica e l'impollinazione, vinto da Chiara Boni, dottoranda del gruppo di apidologia dell'Università di Pisa coordinato dal professor Antonio Felicioli. Un lavoro sul rapporto tra gli apoidei selvatici e le api da miele in tre parchi naturali dell'Appennino, in cui è stato osservato come le fonti di polline usate dalle varie api siano diverse, cosa che fa ridurre la competizione tra api gestite dall'uomo e quelle naturalmente presenti sul posto.
L'altro premio è stato la medaglia di bronzo per il miglior libro scientifico, assegnata alla dottoressa Cecilia Costa del Crea Agricoltura e Ambiente di Bologna, per il volume, per ora solo in inglese, "Sustainable honey bee breeding: a scientific guide for future beekeeping", tradotto "Allevamento sostenibile delle api da miele: una guida scientifica per l'apicoltura del futuro", scritto insieme ai colleghi del gruppo di ricerca internazionale Coloss, Prevention of honey bee Colony Losses.
Ora il prossimo appuntamento sarà nel 2027, per il 50° congresso internazionale a Dubai.






























