Un problema affrontato con vari metodi, dalle recinzioni agli ultrasuoni, e soprattutto spesso con la caccia.
Ora il Lazio prova una nuova strada per il contenimento. E' partita infatti la fase operativa del protocollo di intesa firmato a maggio scorso da regione, Federparchi, Coldiretti e Legambiente e che si presenta come un approccio integrato per contenere la presenza dei cinghiali e ridurne il loro impatto sull'ambiente, il territorio e l'agricoltura nelle aree protette della regione.
Il protocollo ha una durata di tre anni, è finanziato con 100mila euro e si svolgerà nelle aree protette regionali.
Il protocollo, che è partito operativamente a metà dicembre, prevede un aumento delle attività di controllo e una semplificazione delle procedure autorizzative nelle aree protette, la creazione di un sistema di raccolta dei dati sui danni e la realizzazione di studi per valutare l'efficacia dell'attività di controllo degli animali e di prevenzione dei danni.
Inoltre partirà un programma di formazione e aggiornamento rivolto agli agricoltori sia per gestire gli animali sia per far conoscere meglio le modalità di accesso agli indennizzi per i danni subiti.
Gli agricoltori infatti potranno avere anche un ruolo attivo nella gestione e nel contenimento dei cinghiali, in quanto potranno catturarli e allevarli o cederli vivi o morti o, se opportunamente attrezzati, aprire dei centri di lavorazione della selvaggina e macellarli.
L'obiettivo del progetto è infatti anche quello di sfruttare la carne sia dal punto di vista commerciale, conferendola ai centri di lavorazione della selvaggina autorizzati, che, come visto, potranno essere realizzati anche dalle aziende agricole, o destinandola all'autoconsumo degli operatori che fanno le catture o gli abbattimenti o anche cedendola gratuitamente a associazioni senza scopo di lucro che la usino per scopi sociali o benefici.
Per Davide Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, questo progetto è una opportunità che da un lato apre una nuova filiera controllata della carne, permettendo agli agricoltori una possibilità di diversificazione di integrazione delle attività, e dall'altro una risposta a un problema che sta divenendo sempre più grave per il settore oltre che per il territorio in generale.