Un anno positivo per i suini questo 2016. La crisi che per tutto il 2015 ha tenuto sotto scacco la suinicoltura parrebbe essere solo un ricordo. I prezzi nei primi otto mesi dell'anno hanno fatto registrare continui rialzi, sfiorando a settembre quota 1,7 euro al chilo. Cosa che non accadeva da tre anni, come si può leggere il 7 ottobre su AgroNotizie.

Una crescita che ha coinvolto tutta la suinicoltura europea, evidenzia una recente analisi di Ismea, e che trova spiegazione nel forte incremento delle importazioni cinesi. Nella prima metà del 2016 l'export di carni suine europee verso la Cina è infatti raddoppiato, raggiungendo quota 1,3 milioni di tonnellate. La Cina diviene così il primo paese di destinazione dell'export suino europeo, seguita a grande distanza dal Giappone (250mila tonnellate) e da Hong Kong (226mila tonnellate).

La Cina apre all'Italia
Questa la situazione europea, dove l'Italia gioca però un ruolo di scarso rilievo nell'export delle carni suine. Sono Germania, Spagna e Danimarca, infatti, i principali fornitori della Cina. I vincoli sin qui frapposti dalle autorità sanitarie cinesi ha rappresentato sino a ieri un freno alle nostre esportazioni. Uno scenario che sta però mutando.
A settembre è giunto il via libera alle importazioni provenienti dalle regioni del Nord (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Valle d'Aosta, Veneto e province di Trento e Bolzano). In questi giorni si registrano passi avanti per allargare l'import cinese a tutta la carne suina fresca di provenienza italiana. Lo hanno comunicato le stesse autorità cinesi (Aqsiq, ministero dell'Agricoltura e Cnca), informandone la nostra direzione generale della Sanità.


Attenti alle variabili
In questo scenario parrebbero presenti tutti gli ingredienti per un superamento definitivo delle crisi ricorrenti del settore suino. Ma si tratta di un equilibrio instabile, che può mutare in tempi brevi. Due le principali variabili da tenere sotto controllo.

Da una parte le politiche di importazione della Cina, oggi ago della bilancia nel regolare i surplus europei, e dall'altro l'andamento della produzione. A queste variabili si aggiunge l'evolvere dei consumi, che in Italia sono in calo del 5,9%, tendenza che difficilmente si invertirà nei prossimi mesi.

Prezzi in flessione
Se resta difficile prevedere quali saranno le future politiche commerciali cinesi, i segnali che giungono dalla suinicoltura europea non sono rassicuranti. Le macellazioni di suini sono in aumento (+1,4% rispetto al 2015) e i prezzi stanno cedendo.
La media europea è scesa nella seconda decade di ottobre a 156,1 euro per 100 chili, con un calo del 7,4% rispetto al mese precedente. Scende così al 9,1% il differenziale di prezzo rispetto al 2015.

Situazione analoga si registra in Italia. Sulla piazza di Modena i suini pesanti hanno quotato il 31 ottobre 1,616 euro al chilo. Una settimana prima il prezzo era di 1,657 euro al chilo, il 2,47% in più. Le prossime settimane ci diranno se si tratta di un movimento al ribasso solo temporaneo o se al contrario si è invertito il trend.