Si è tenuto ieri mattina, nella sala conferenze dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno di Portici (Na), il convegno dal tema “Ricerca scientifica e innovazione tecnologica”, promosso dall’istituto ospite, in collaborazione con il consorzio Cosvitec e con l’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Comitato nazionale per le ricerche che ha sede a Pozzuoli (Na).

Nel corso del convegno sono stati illustrati i risultati del Progetto Ambra ed è stato presentato un kit, realizzato nell’ambito di questo progetto, capace di rilevare in modo altamente sensibile e specifico la presenza di Brucella abortus e Brucella melitensis su campioni di latte. Si tratta di un importante approdo dell'utilizzo della risonanza plasmonica di superficie (Spr) connesso agli studi sul microbiota anialme, ovvero sull'ampia fauna di virus e batteri che entrano dall'ambiente nel corpo degli animali mediante la catena alimentare. Sì, perchè i fagi che attaccano le brucelle - rivelandone così la presenza agli occhi dello spettrometro - sono stati isolati proprio a partire dalle feci delle bufale.

“Sono particolarmente orgoglioso del progetto presentato oggi perché siamo in grado di dimostrare che qui in Campania la cura della salute è un valore fondamentale e possiamo competere con le eccellenze europee”, ha dichiarato Antonio Limone, commissario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno.

“Oggi non presentiamo un’idea progettuale, ma un prototipo che verrà industrializzato. Cosvitec ha un’identità votata all’internazionalizzazione, nel progetto Ambra abbiamo già coinvolto un gruppo giapponese esperto in fotometria. L’obiettivo è raggiungere nei prossimi tre anni tutti i principali mercati internazionali, ha spiegato Sergio Bolletti Censi, direttore generale di Cosvitec.
“Sul progetto Ambra - ha aggiunto - Cosvitec ha investito oltre 300mila euro. In linea con la nostra natura di spin off del Dipartimento di Agraria dell'Università degli studi Federico II di Napoli, abbiamo fatto squadra e siamo arrivati alla concretizzazione di un progetto che nasce ragionando sulla possibilità di applicare i batteriofagi a uno strumento di indagine di facile utilizzo”.

Il progetto scientifico presentato nel corso della giornata di studio e coordinato dall’Izsm di Portici, ha previsto la creazione di una vera e propria rete e ha coinvolto soggetti pubblico-privati, come il Cosvitec e altri enti di ricerca come l’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr.

Lucia Petti, ricercatrice senior dell’Istituto del Cnr, e Giorgia Borriello, dirigente dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno e responsabile scientifico del Progetto Ambra, hanno illustrato i dettagli del prototipo.

“Il kit - spiegano - è stato realizzato partendo dall’esperienza del progetto Famega che, attraverso l’impiego di batteriofagi, effettua il controllo di salmonella e di Escherichia coli in campioni di paglia, di carne avicola e di vegetali. Questa tecnologia è stata applicata a quella dei biosensori label free con sistema di rilevamento Raman, sviluppata dal Cnr”.

“Il risultato - aggiungono Petti e Borriello - è stato la messa a punto di uno strumento, brevettato da Izsm e Cosvitec, capace di rilevare in modo efficace ed estremamente rapido la presenza di batteri patogeni in prodotti alimentari destinati al consumo umano. Il sistema messo a punto, inoltre è anche trasferibile perché, con poche modifiche, può essere applicato a qualsiasi patogeno e matrice sotto forma di kit diagnostico. Inoltre, ha un livello di sensibilità affidabile ed è composto da un biosensore ottico a rifazione basato su risonanza plasmonica di superficie (Spr), ossia un sistema di spettroscopia su superficie in oro scavata con disegni geometrici. In questo sistema viene inserito un batteriofago, un virus capace di identificare il target batterico individuato e che, una volta colpito da un raggio laser, emette un segnale leggibile dallo spettrometro”.

La taratura del kit si ottiene sostanzialmente in tre fasi. Viene prima provata la risposta dello spettrometro alla presenza del polimero proteico di supporto, un bio nanomateriale ad alta tecnologia che funge da sensore, quindi viene testata la risposta spettrografica del polimero insieme al fago, che per le brucelle è il Tiblisi, ottenuto dalle feci di bufala, infine viene introdotto il campione di latte contenente Brucella abortus o Brucella melitensis, accertata previa analisi microscopica della matrice complessa.

Quest'ultima risposta spettrografica - rilevata in sede di taratura - consente l’utilizzo diagnostico in autonomia del kit, perché la curva rileva l’attacco del fago Tiblisi, che si è rivelato attivo sia sulla Brucella abortus che sulla Brucella melitensis e capace di indurre la morte di questi batteri mediante il fenomeno di lisi. Ovviamente è possibile tarare il kit utilizzando batteri diversi e fagi di altra specie in grado di aggredirli.

Nel corso del convegno, inoltre, Giorgio Galiero, direttore del Dipartimento di Sanità animale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno ha fatto il punto sulle altre ricerche innovative realizzate dall’ente di Portici tra cui quella sul microbiota.
“Proprio grazie allo studio del microbiota, in collaborazione con il dipartimento di Agraria della “Federico II” - spiega - sarà possibile, nell’ambito del progetto Spes, valutare l’effetto delle contaminazioni ambientali sul microbiota intestinale umano. Inoltre stiamo pensando a uno studio sul microbiota del latte e della mozzarella di bufala campana Dop che individui nella flora microbica un marker di origine geografica”.

E di microbiota ha parlato anche Matteo Lorito, direttore del dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II che ha rimarcato l’importanza del lavoro di squadra nel campo della ricerca.
“Siamo una squadra - ha dichiarato Lorito - e si iniziano a vedere i frutti della sinergia con lo Zooprofilattico e si consolida la nostra storica partnership con la Cosvitec. Un dato su tutti: in questo momento non c'è nessun dipartimento o facoltà universitaria in Italia che abbia un centro per lo studio del microbiota, la cui esistenza è nota da circa 10 anni. La proposta è quella di creare un polo di ricerca interdisciplinare sul microbiota che studi l’argomento in maniera trasversale.
Dal microbiota del suolo e da quello vegetale dipendono quello animale e umano, è tutto collegato ed è per questo che non si può frammentare la ricerca in compartimenti stagni. Partendo dal microbiota degli ulivi, per esempio, potremmo arrivare a importanti risvolti per la questione della Xylella fastidiosa in Puglia”.



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