"Nonostante l'accordo sul prezzo di giovedì scorso, gli allevatori autoconvocati qui oggi sono ancora sul piede di guerra. Questo vuol dire che la sintesi raggiunta non accontenta la maggioranza. O si va tutti nella stessa direzione o si fatica a trovare un punto che soddisfi la maggioranza. Il fatto che moltissimi allevatori trovino il tempo di venire qui, oggi, vuol dire che il problema esiste ancora, che qualcuno la pensa diversamente; in realtà, accade perché giovedì scorso quello che si è ottenuto è un mezzo risultato, buono per chi fa politica e meno per chi si alza la mattina per andare a lavorare". Lo ha spiegato l'assessore regionale all'Agricoltura Gianni Fava, che ieri ha partecipato in Regione all'incontro con gruppi di allevatori provenienti, oltre che dalla Lombardia, anche da altre Regioni del Nord; incontro che è stato organizzato dal consigliere regionale Maria Teresa Baldini.

"I giorni successivi alla sottoscrizione del recente accordo sul prezzo quasi nessuno ha obiettato - ha detto Fava -. Faccio fatica a immaginare che, dopo un anno di trattativa, se conosco bene gli allevatori come li conosco, potessero tenere per buono il valore di riferimento di Parmalat, come fosse l'unico parametro nazionale, a cui sono stati aggiunti 2,1 centesimi 'motu proprio' per tre mesi, e un altro centesimo da parte dello Stato, attingendo da fondi comunitari destinati alla zootecnia, che deve fare i conti con altri settori in forte difficoltà, come la suinicoltura".

Indicizzazione
"In questi mesi - ha ricordato Fava - avevo cercato di provare a ragionare su un meccanismo di calcolo della valorizzazione del prodotto che risolveva l'aspetto della negoziazione continua. A febbraio saremo ancora da capo, col rischio che si riprenda a marzo per poi arrivare fino a novembre. Se finisce così non avremo risolto niente". E ha aggiunto: "I 70 milioni tolti sul superprelievo dalle tasche dei produttori, sugli anni 2014-2015, erano da mettere subito in circolazione, se era necessario un fondo per le emergenze come è parso. Quale emergenza più di questa avrebbe avuto bisogno di essere affrontata? Con questi soldi si sarebbe dovuto fare una bella operazione di messa in sicurezza per un anno, anche se il problema non si sarebbe risolto comunque".

Dipendenti dalla Gdo
"Sul piano del Governo sulla valorizzazione del latte non ci sono le idee chiare - ha spiegato Fava - così come non ho contezza del valore della negoziazione con la Grande distribuzione organizzata. Se questa si dice disponibile a sostenere dal punto di vista promozionale i prodotti della filiera lattiero casearia con il 'private label', significa che il prodotto che viene valorizzato è il loro, con la loro etichetta: così allargheremmo ulteriormente la dipendenza dalla Gdo".

Intesa sul prezzo punto di partenza
"In un quadro simile continuo a pensare servisse una presa di coscienza del mondo allevatoriale - ha proseguito l'assessore lombardo -; le sindacali dicano che quello raggiunto giovedì scorso è punto di partenza, non di arrivo. Venerdì scorso a Cremona hanno presentato il ministro come il salvatore degli allevatori del Nord: se vi sentite tutti salvi, è giusto così. Se ci sono, invece, ragioni per essere qui e continuare la mobilitazione, fatevi sentire. I cittadini, attraverso l'informazione, hanno la percezione che siete stati pagati con l'accordo. Se il mondo degli allevatori lombardi, al netto delle differenti situazioni personali, dovesse chiarire che quella non è una soluzione, ci sono gli estremi perché la politica si risvegli. Se non lo fate, tra qualche mese non sarete più credibili. Il problema non è risolto, fate capire in giro forte che non è così e che occorre chiarezza".

Serve cambio di metodo
"Oggi - ha detto in conclusione Fava - la vicenda del prezzo è dirimente: non si tratta della fissazione di un numero, o uno o due centesimi che si aggiungono, ma serve cambio di metodo. O cambia metodo per formare il prezzo o altrimenti tutto quello che si è fatto finora non servirà a niente".