Il potere metanigeno derivante dagli effluenti suini arriva fino al 68%. Molto più di quello ottenuto dal liquame bovino
Il settore delle energie rinnovabili, in questo caso specifico del biogas, sta conoscendo in questi ultimi tempi una fase di forte rallentamento relativamente alla realizzazione di nuovi impianti, e la possibilità di produrre anche biometano, oltre all’energia elettrica, potrebbe dargli nuovo impulso. “Quello del biometano – sottolinea Fabbri – è un mondo nuovo che si apre ai produttori di biogas. Si basa su un quadro normativo molto regolamentato e rigido, determinato soprattutto dalla difficoltà di come collocarlo sul mercato perché va venduto”.
Intanto, all’inizio dello scorso mese di agosto, il Gse (Gestore servizi energetici) ha pubblicato le procedure per la qualifica degli impianti di produzione e per la richiesta degli incentivi per il biometano trasportato extrarete, mentre si attende la definizione degli standard qualitativi del biometano europeo per l’immissione in rete.
Le ultime indicazioni politiche confermerebbero la prosecuzione degli incentivi per gli impianti di piccola taglia
“Ma, al di là che con un impianto a biogas si intenda produrre energia elettrica o biometano – sottolinea Fabbri – gli studi e le sperimentazioni che abbiamo condotto in questi anni ci hanno fatto capire che per un buon funzionamento è indispensabile disporre di un corretto dimensionamento e gestione dell’impianto stesso. E’ questo un aspetto fondamentale e quindi, prima di procedere con la costruzione, è necessario stabilire innanzitutto con quali biomasse l’impianto verrà alimentato”.
Eppure, dati alla mano, la realizzazione degli impianti ha subìto negli ultimi tempi un forte rallentamento. “E’ vero – continua Fabbri – il settore costruzione è in crisi in parte perché il Decreto ministeriale del 6 luglio 2012 non ha avuto il successo sperato, in parte per le difficoltà legate alla crisi economica e di accesso al credito. Sappiamo che esistono molti progetti approvati dagli enti preposti e pronti per essere realizzati, ma proprio per i motivi economici accennati prima, al momento restano solo sulla carta. L’auspicio è che l’indicazione di mantenere gli incentivi per gli impianti di piccola taglia alimentati con effluenti zootecnici, e quindi fino a 250-300kW di potenza installata, venga confermata come peraltro sembrano suggerire le ultime informazioni che arrivano dal mondo politico”.
Miglioramento della compatibilità fra biomassa ed effluenti zootecnici. In anteprima i risultati del Progetto Biogas2
Oggi si parla molto di razioni alimentari, destinate ai suini, più povere di azoto per garantire una maggiore sostenibilità ambientale.
Ma una quota inferiore di azoto nella dieta si traduce in una più scarsa qualità di biogas prodotto?
“Più che di minore qualità del biogas parlerei di minore potere metanigeno – conclude Claudio Fabbri – perché le proteine escrete alzano la percentuale metanigena e riducendole, ovviamente, questo valore è destinato ad abbassarsi. Il biogas ottenuto con reflui suini contiene una percentuale altissima di metano, tra il 65 e il 68%, molto più di quanto si ottiene dal mais o dal liquame bovino. Direi che una riduzione del valore energetico di biogas ottenuto da effluenti suini a cui viene somministrata una dieta più povera di azoto non deve essere ritenuto comunque un elemento dirimente”.
Nel corso del workshop Claudio Fabbri illustrerà in anteprima assoluta i risultati scaturiti dal “Progetto Biogas2”, progetto finanziato dalla Regione Umbria nell’ambito del Psr – Misura 124 e di cui il Crpa è stato responsabile scientifico. Lo studio, finalizzato al miglioramento della compatibilità fra biomassa ed effluenti zootecnici, è stato condotto utilizzando una macchina innovativa e si concluderà nei giorni immediatamente precedenti lo svolgimento di Italpig. Da qui l’attualità e la tempestività dei risultati che verranno presentati.
© AgroNotizie - riproduzione riservata
Fonte: Crpa