"L'intesa raggiunta tra il ministro delle Politiche agricole e le Regioni sulle regole di applicazione della riforma della Pac è preoccupante e dannosa per il futuro dell'agricoltura italiana".

Questo il giudizio di Assalzoo, l'Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici, che aggiunge: "Si è preferito rinunciare a riportare la politica agricola nazionale al centro delle scelte strategiche del Paese, favorendo l'inutile distribuzione a pioggia degli aiuti e penalizzando quegli operatori, specie più grandi, che effettivamente producono e che fanno dell'attività agricola la loro principale fonte di reddito. Una scelta che non persegue un serio piano per sostenere l'agricoltura e la zootecnia del Paese. Si perde, così, un'occasione importante per rilanciare la produzione agricola primaria, che vede agricoltori e allevatori italiani in gravi difficoltà nel competere con gli operatori di altri Paesi, mettendone a rischio di sopravvivenza l'attività stessa in alcuni settori, con gravi ripercussioni su tutta la filiera agroalimentare italiana".

In particolare Assalzoo fa riferimento ad alcuni punti stabiliti nell'accordo: "E' sorprendente constatare che, un Paese deficitario come il nostro, nonostante le pressanti richieste pervenute dal mondo produttivo agro-alimentare, abbia deciso di rinunciare ad usufruire del massimo livello possibile di aiuti accoppiati del 13% + 2%, per dare un sostegno più concreto a quei settori che sono oggi in maggiore difficoltà, come la zootecnia da carne bovina, preferendo fissare una percentuale solo dell'11% che, oltretutto, vanifica in modo inspiegabile il risultato faticosamente ottenuto a Bruxelles dall'Italia in sede di negoziato".

Con questa intesa, di cui si attende di conoscere maggiori dettagli, l'Italia rischia di sprecare un'opportunità fondamentale – conclude Assalzoo – per utilizzare al meglio le già ridotte risorse  che la nuova Pac mette a disposizione del nostro Paese e per evitare la ulteriore riduzione delle produzioni agricole e zootecniche e la conseguente crescita della nostra dipendenza dall'estero di tali prodotti, penalizzando ulteriormente, non soltanto il nostro già precario grado di auto-approvvigionamento alimentare interno, ma anche le potenzialità di sviluppo economico e occupazionale di tutta la filiera agroalimentare italiana”.