E’ un addio senza rimpianti quello rivolto dalla suinicoltura italiana all’anno appena trascorso. Nel dicembre del 2012, infatti, la redditività degli allevamenti è ulteriormente peggiorata segnando un pesante meno 21,9% rispetto all’anno precedente. E' quanto evidenzia una recente analisi del Crefis, il centro ricerche sulle filiere suinicole dell’Università Cattolica di Piacenza. Si riducono dunque i margini per gli allevatori e la colpa è sì del calo dei prezzi di mercato (1,5 euro al chilo per il suino pesante), peraltro atteso in questa stagione, ma anche dell’aumento dei costi per l’alimentazione degli animali. Mais e soia continuano a veleggiare su prezzi elevati nonostante la lieve flessione registrata in dicembre, che ha portato il mais comunitario a 277,5 euro/tonn e la soia a 500,3 euro/tonn. Note dolenti arrivano poi dalla bilancia commerciale. E’ ancora il Crefis a sottolinearlo analizzando che i dati di settembre (ultimo mese disponibile) indicano un calo dell’1,6% in valore delle esportazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ad aggravare la situazione l’aumento dell’1,9% delle importazioni, con un saldo finale di meno 85,6 milioni di euro.

 

Le prospettive

Sin qui la fotografia della situazione del settore suinicolo. Ma cosa ci si aspetta da questo 2013 appena iniziato? Una domanda impegnativa alla quale ha tentato di dare una risposta Anas, l’associazione dei suinicoltori italiani. Partendo dall’analisi dei mercati e applicando speciali metodi statistici, Anas ipotizza che il prezzo medio dei suini pesanti nel primo trimestre di quest’anno possa segnare un significativo più 11% . Un aumento, questo previsto da Anas, che potrebbe essere anche superiore tenuto conto della riduzione in atto del numero di scrofe allevate. La conseguente contrazione dell’offerta che ne deriverà potrebbe esercitare sul mercato una molla verso un più decisivo aumento.

Una flessione produttiva della quale ha molte responsabilità l’applicazione della direttiva 2008/120, quella che ha sancito a partire da quest’anno nuove norme in termini di benessere dei suini e in particolare delle scrofe nei reparti di riproduzione. Stando ai dati riportati recentemente da Kees de Roest, ricercatore del Crpa di Reggio Emilia, ci si attende entro il 2014 un calo della produzione suinicola in tutta la Ue, calo che si stima fra il 5 e il 10%. Tanto che già si ipotizzano maggiori importazioni da Brasile e Usa, ma su questi flussi peserà la verifica anche in questi paesi del rispetto delle norme sul benessere.

 

L'Italia in ritardo

Per essere in regola gli allevamenti dovranno eliminare le gabbie parto come le abbiamo conosciute sino ad oggi, poi spazi più ampi per le scrofe gravide e tipologie di pavimento differenziate in funzione dello stadio di allevamento. Per chi volesse entrare nei dettagli può consultare le anticipazioni fornite da Agronotizie già a maggio dello scorso anno. Gli investimenti necessari sono sensibili e così pure l’aumento dei costi di produzione che salirebbero dello 0,6%, stando alle valutazioni di Kees de Roest. Ma mentre nella Ue già 18 paesi membri hanno adeguato i loro allevamenti alle nuove norme ed altri 5 sono ormai prossimi a completare l’aggiornamento dei reparti di riproduzione, in Italia si stima che circa la metà degli allevamenti non abbia ancora provveduto a mettersi in regola. Ma sarebbe ingiusto puntare il dito contro gli allevatori. Quando i bilanci degli allevamenti sono in rosso, riesce difficile fare nuovi investimenti. Non resta allora che sperare in una rapida ripresa dei mercati. E i primi guadagni se ne andranno nell’aggiornamento delle porcilaie. Prepariamoci altrimenti ad un’ennesima procedura di infrazione che Bruxelles comminerà all’Italia e ai suoi allevatori. Gli ispettori sono già alle porte.