Da Bruxelles arrivano 23 milioni di euro da destinare alle stalle da latte italiane. Ma non basteranno nemmeno a pagare la sesta rata delle multe, in scadenza in questo dicembre, che assomma a 25 milioni. L'Italia aveva chiesto di rimandare questo pagamento, in attesa che la crisi allentasse la sua morsa. Ma il Commissario Fischer Boel (ormai al termine del suo mandato) è stata irremovibile. La multa si paga per intero e subito. Pazienza. Per leccarsi le ferite non restano che i 23 milioni che la Ue ha concesso all'Italia per aiutare le aziende da latte in difficoltà. Aiuti che saranno corrisposti agli allevatori entro il 30 giugno del prossimo anno, fa sapere il ministero dell'Agricoltura. Da Unalat arriva l'invito ad avviare con rapidità le procedure necessarie alla erogazione di questi aiuti. E già che ci siamo arriva da più parti l'invito a destinare questi denari alle aziende in regola con il regime delle quote. La preoccupazione è sempre la stessa, evitare che agli splafonatori di professione vadano denari. Ma c'è anche una larga fascia di splafonatori “onesti”, si spera non siano discriminati.

 

Solo spiccioli

Prima ancora di interrogarsi sui criteri di assegnazione di questi aiuti, c'è da chiedersi quanto potranno realmente aiutare la zootecnia italiana da latte. Vediamo i numeri. In Italia sono in attività 39mila stalle. A ognuna di esse, se questi soldi fossero distribuiti in modo lineare, andrebbero circa 500 euro. Nulla. Va ancora peggio se il conto lo facciamo sul numero di vacche in allevamento (1,8 milioni). Poco più di 12 euro per ogni animale allevato. Davvero nulla. E' un'ipotesi di scuola, ma la realtà non sarà poi molto diversa. C'è da chiedersi, semmai, perché dei 300 milioni usciti dalle casse della Ue ne siano andati all'Italia solo 23. Mentre la Francia ha ottenuto 51 milioni per i propri allevatori e la Germania si è aggiudicata oltre 61 milioni di euro. Ma c'è poco da lamentarsi, la distribuzione degli aiuti è stata fatta sulla base delle quote assegnate ai singoli Paesi. E, come si sa, mentre al Nord Europa è stato concesso di produrre anche oltre il proprio fabbisogno, l'Italia è stata condannata a importare la metà del latte che consuma. E' successo per nostra colpa nel 1984 (quando sono nate le quote) e ancora oggi se ne pagano le conseguenze.

 

Prepararsi al cambiamento

Ma è tempo di cambiare. Lo impone la prossima fine delle quote e le profonde modifiche della politica agricola comunitaria. Bisogna poi fare i conti con i nuovi scenari del mercato, travolti dalla globalizzazione. Torna utile a questo proposito la lucida analisi fatta su questi argomenti da Renato Pieri, direttore dell’Alta Scuola in Economia Agro-alimentare dell’Università Cattolica, sede di Cremona. Un’analisi che prende le mosse dalla prossima Fiera internazionale dell’Agricoltura di Verona, in calendario dal 4 al 7 febbraio del prossimo anno, un’importante tribuna dalla quale affrontare anche i temi della produzione di latte in Italia. “Ora serve una sorta di assicurazione sul reddito – ha affermato Pieri intervistato da Veronafiere - e non ci si deve basare più sull’assicurare solo le quantità. E serve una certezza di reddito che all’agricoltore non dà il pagamento unico aziendale”.

 

Meno stalle, ma più efficienti

Ma il sostegno della Pac, da solo, non basterà ad assicurare un futuro alle stalle da latte. Il numero di aziende in attività si è già ridotto in misura considerevole negli ultimi anni, ma un’ulteriore contrazione delle stalle va salutata positivamente perché capace di lasciare liberi spazi che occupati dalle aziende rimaste, potrebbero aumentare il loro grado di efficienza. Una politica di abbandono della produzione da parte delle stalle meno strutturate, magari incentivata da pacchetti di dismissione di 25-26 centesimi per ogni kg di latte, è vista con favore da Renato Pieri, che nella sua analisi (la si può leggere integralmente su www.fieragricola.com) tocca anche il problema del prezzo del latte alla stalla. Importanti a questo proposito sono gli accordi interprofessionali, magari ricorrendo all’indicizzazione collegata al mercato dei formaggi e all’andamento dei costi di produzione. A proposito di costi c’è da fare i conti anche con il mercato dei cereali e con la sua imprevedibilità, legata com’è all’andamento dei prodotti energetici (petrolio in testa) e alle vicende internazionali. Tutti argomenti che saranno, non c’è da dubitarne, al centro dei dibattiti che animeranno la prossima edizione di Fieragricola.