Secondo le intenzioni della Commissione Europea, il Clean Industrial Deal dovrebbe migliorare la competitività dell'industria dell'Unione Europea, promuovendo al contempo gli sforzi di decarbonizzazione. Per far fronte agli elevati costi energetici e alla forte concorrenza globale, le industrie europee necessitano di un sostegno urgente. Alcuni addossano la colpa della crisi industriale europea all'eccessiva burocrazia e ai vincoli imposti dal Green Deal. Secondo i suoi creatori e i sostenitori dell'ideologia "verde", il Clean Industrial Deal delinea invece azioni concrete per trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita per le industrie europee.
Secondo l'amministrazione von der Leyen, l'entrata in vigore del Clean Industrial Deal lo scorso 26 febbraio avrebbe dovuto comportare la riduzione dei prezzi dell'energia, la creazione di posti di lavoro di qualità e condizioni favorevoli per la crescita delle aziende.
Stando alle analisi del Corriere della Sera, non c'è molto spazio per l'ottimismo. I prezzi dell'elettricità in Italia continueranno a essere fra i più alti d'Europa, a prescindere dal Clean Industrial Deal. Il motivo? Non abbiamo il nucleare come la Francia, abbiamo poche rinnovabili e tanti "comitati del no" che bloccano ogni nuovo progetto, e dipendiamo in larga misura dal gas naturale importato. Ci vorranno almeno dieci anni per aumentare la quota di rinnovabili, e magari qualche cambiamento tecnologico e legislativo a favore del nucleare di nuova generazione, per recuperare la competitività che abbiamo perso. Non è dunque colpa esclusiva dei dazi di Donald Trump: la palla al piede ce la siamo messi da soli tanti anni fa.
Secondo quanto dichiarato, il Clean Industrial Deal prevede misure per stimolare ogni fase della produzione.
Passiamo in rassegna alcune di queste misure, menzionate nel riassunto ufficiale della Commissione Europea:
- "Azioni a favore delle industrie ad alta intensità energetica come l'acciaio, i metalli e i prodotti chimici, che necessitano urgentemente di sostegno per decarbonizzarsi, passare all'energia pulita e affrontare i costi elevati, la concorrenza globale sleale e le normative complesse".
Non possiamo che essere d'accordo, ma: l'Ilva è destinata alla chiusura; il nostro settore delle piastrelle ceramiche di alta gamma (una fra le principali voci del made in Italy) non può funzionare senza gas naturale ma l'"idrogeno pulito" che dovrebbe sostituirlo non si è ancora visto; e per quanto riguarda le normative complesse… la Commissione Ue ne è il campione mondiale e non c'è alcuna evidenza che il Clean Industrial Deal migliorerà la situazione. - "Azioni a favore del settore delle tecnologie pulite, che è al centro della competitività futura e necessario per la trasformazione industriale, la circolarità e la decarbonizzazione".
Ben vengano tali azioni, a condizione che rispettino il principio di neutralità tecnologica, più volte calpestato dall'amministrazione von der Leyen con la sua ideologia "solo elettrico". - "Un altro elemento dell'accordo è la circolarità, che mira a ridurre i rifiuti e prolungare la durata dei materiali promuovendo il riciclaggio, il riutilizzo e la produzione sostenibile. Massimizzare le risorse limitate dell'Ue e ridurre l'eccessiva dipendenza dai fornitori di materie prime di Paesi terzi è fondamentale per garantire la competitività e resilienza del mercato".
Saremmo pienamente d'accordo se non fosse che, nella realtà dei fatti, ogniqualvolta che si tenta di costruire un impianto di biogas insorgono i "comitati del no" e i populisti a caccia di voti, bloccando l'iniziativa o quanto meno allungando inutilmente i tempi, che la euroburocrazia ha già fatto lunghi. Leggendo fra le righe il testo del Clean Industrial Deal si ha la sensazione che per la Commissione Europea la circolarità si limiti al riciclaggio di ferro, alluminio e rifiuti elettronici. Eppure il recupero dei fosfati per l'agricoltura è altrettanto importante, ma non viene minimamente menzionato.
Secondo i suoi creatori, il metodo di lavoro per raggiungere tali obiettivi si baserà su:
- "Energia a prezzi accessibili, fondamentale per la competitività. La Ce intende accelerare la diffusione dell'energia pulita, accelerando l'elettrificazione, completare il mercato interno dell'energia con interconnessioni fisiche e utilizzare l'energia in modo più efficiente e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili importati".
Ci limitiamo ad osservare il solito vizio ideologico che ha caratterizzato l'amministrazione von der Leyen: conta solo l'elettrificazione. Peccato che sia fisicamente impossibile, e neanche desiderabile, perché il 60% del consumo energetico europeo è per usi termici. Consumare energia elettrica per produrre calore è come spendere euro per acquistare rupie. - "Stimolare la domanda di prodotti puliti. La legge sull'acceleratore della decarbonizzazione industriale aumenterà la domanda di prodotti puliti fabbricati nell'Ue, introducendo criteri di sostenibilità, resilienza e 'made in Europe' negli appalti pubblici e privati".
Rimane però il problema che la decarbonizzazione, nel modo in cui la intende la Commissione Ue, richiede materiali che l'Europa deve per forza importare: materiali fissili, terre rare, litio… I dazi che la Cina impone all'esportazione di tali materiali rendono più conveniente l'importazione di Led, pannelli FV e batterie che la loro fabbricazione in Europa. E tale situazione si ripete in molti altri settori merceologici. Ad esempio, per i sovraccosti derivanti dagli adempimenti ambientali imposti dalla Commissione Europea, l'industria cartaria ormai importa la pasta di cellulosa. Dovremmo imporre dazi allo stile Donald Trump? - "Finanziare la transizione verso l'energia pulita. Il Clean Industrial Deal mobiliterà oltre 100 miliardi di euro per sostenere la produzione pulita nell'Ue. La Commissione adotterà un nuovo quadro di aiuti di Stato al fine di accelerarne l'iter per lo sviluppo delle energie rinnovabili, la decarbonizzazione dell'industria e la garanzia di una capacità produttiva sufficiente di tecnologie pulite".
Dal nostro piccolo osserviamo che sarebbe più efficace agevolare chi vuole investire e lavorare seriamente anziché tentarlo con sovvenzioni Stato per poi scoraggiarlo con l'eccesso di regolamentazione. In questo modo, l'unica cosa che otterrà la Commissione Ue sarà il solito "mordi e fuggi" di cui abbiamo parlato quasi nove anni fa nel caso specifico dei contributi allo sviluppo del fantomatico biodiesel da alghe.
Osserviamo che nel testo ufficiale del nuovo piano europeo le bioenergie non vengono neanche menzionate. Si fa solo un generico accenno ai biomateriali: "'La Commissione proporrà una strategia per la bioeconomia al fine di migliorare l'efficienza delle risorse e valorizzare il notevole potenziale di crescita dei materiali a base biologica in sostituzione di quelli a base fossile e delle industrie correlate'. In questo modo, sarà possibile ridurre ulteriormente la dipendenza dalle materie prime importate. Il nuovo piano settoriale per la bioeconomia stabilirà le priorità per la produzione e l'utilizzo dei biomateriali e per mantenerli nell'economia il più a lungo possibile".
Eppure, l'industria delle bioenergie ha dimostrato una notevole resistenza alla concorrenza esterna, e svolgerà un ruolo fondamentale nel raggiungimento di un'economia a zero emissioni entro il 2050 (per approfondire: Il rapporto 2024 sui biocarburanti in Europa e Lo stato generale delle biomasse nel 2023).
Il Clean Industrial Deal rappresenta un'opportunità cruciale per rafforzare ulteriormente il settore produttivo delle bioenergie, e pertanto è essenziale che sia esplicitamente incluso nel programma di incentivi, al fine di garantire che il suo potenziale venga pienamente realizzato e integrato nella strategia di transizione. Questa è la posizione di Bioenergy Europe, l'associazione di categoria che riunisce tutti i settori delle bioenergie a livello europeo, espressa nel suo position paper.
Il documento fornisce le statistiche che dimostrano come l'industria delle bioenergie sia un settore principalmente europeo, fondamentale per l'economia locale. Il settore ha il potenziale per creare fino a 1,5 milioni di posti di lavoro entro il 2050 e le sue innovazioni promuovono la competitività industriale dell'Unione Europea. Nei primi Anni 2000 e 2010 il numero di brevetti dell'Ue nel campo delle tecnologie bioenergetiche è cresciuto notevolmente. Il Clean Industrial Deal dovrebbe riconoscere e valorizzare questo dato, sostenendo l'esportazione di tecnologie bioenergetiche made in EU e incrementando le soluzioni di rimozione del carbonio a base biologica per sfruttare la leadership dell'Ue nel settore della bioenergia.
L'Europa ha il potenziale per essere leader nelle tecnologie di rimozione del carbonio, come la Bioenergia con Cattura e Stoccaggio del Carbonio (Beccs), che sono fondamentali per la transizione verso un'economia a zero emissioni. L'ampliamento del budget per accelerare lo sviluppo e la diffusione di soluzioni biocarboniche non è solo un imperativo ambientale, ma anche un'opportunità strategica.
Il riscaldamento rappresenta la metà del consumo energetico dell'Ue, e più di tre quarti di questa energia viene ancora prodotta utilizzando sistemi obsoleti e inefficienti basati sui combustibili fossili. Per raggiungere gli obiettivi dell'Ue per il 2050 e, al contempo, sostenere la competitività industriale dell'Ue, sono essenziali la defossilizzazione del settore del riscaldamento e la sostituzione dei sistemi obsoleti. Le soluzioni ad alta efficienza basate sulla bioenergia svolgeranno un ruolo chiave in questa transizione, soprattutto se si considera che l'età media degli impianti di riscaldamento negli edifici europei è di circa venticinque anni.
Dalle soluzioni domestiche, come le caldaie o le stufe a pellet, ai sistemi di teleriscaldamento, un maggiore sostegno ai sistemi energetici a biomassa in tutta Europa potrebbe ridurre significativamente la quota di combustibili fossili nel settore del riscaldamento. Ciò avrebbe un impatto positivo sulla povertà energetica, traducendosi direttamente in bollette energetiche più basse. È necessario sostituire sia i sistemi a combustibili fossili che le soluzioni a biomassa obsolete e inefficienti. I sistemi di biocombustione moderni ed efficienti migliorano la qualità dell'aria e contribuiscono a una migliore integrazione e ottimizzazione del sistema energetico nel suo complesso.
Garantire finanziamenti sufficienti per queste sostituzioni e proporre incentivi adeguati agli acquirenti sosterrà anche la competitività delle industrie europee nei settori delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica.
L'implementazione di nuove disposizioni all'articolo 3 della Red III, come il principio dell'uso a cascata della biomassa e le restrizioni sul tondame di qualità industriale, deve tenere in considerazione le condizioni del mercato locale. Inoltre, è necessario evitare di perturbare i mercati che funzionano bene e che stanno già raggiungendo gli obiettivi della politica Red. La Commissione Europea dovrebbe riconoscere la sfida storica di codificare questi principi e concetti nella legge. L'attuazione efficace della Red III dovrebbe essere una priorità prima di estendere questi requisiti a una legislazione più ampia.
L'associazione propone dunque quattro soluzioni per dare forma alla prossima strategia industriale:
- Sostenere le soluzioni bioenergetiche nella decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica per garantire una transizione competitiva da un'economia basata sui fossili a una basata sulle bioenergie.
- Sviluppare una strategia di esportazione delle bioenergie per sfruttare la leadership tecnologica e le competenze europee esistenti e rafforzare la competitività industriale dell'Ue.
- Liberare il potenziale della bioenergia per ridurre i costi energetici per le aziende e le famiglie, garantendo al contempo una migliore integrazione del sistema e un uso più efficiente delle risorse.
- Garantire la stabilità normativa per promuovere gli investimenti nelle tecnologie rinnovabili e rafforzare la produzione europea di soluzioni pulite come la bioenergia.






























