Un lavoro che in questi giorni ha portato all'iscrizione nel registro nazionale delle varietà di vite due vitigni laziali entrambi originari dei monti Aurunci: il Raspato Nero e la Reale Bianca.
Un lavoro che segue quello portato avanti l'anno scorso e che in estate aveva visto l'iscrizione nello stesso registro dell'Uva Giulia e del Maturano nero.
Come sempre in questi casi il lavoro che sta dietro è lungo e prevede un percorso fatto di vari passaggi: dalle analisi molecolari ai rilievi ampelografici e ampelometrici, dalle valutazioni enologiche attraverso microvinificazioni alle ricerche storiche; percorso che per il Raspato nero e la Reale bianca è durato 5 anni.
Vediamo allora chi sono e che caratteristiche hanno questi due vitigni.
Il Raspato nero, noto anche come Olivella di Esperia, è citato in due importanti documenti del tardo ottocento: il Bullettino Ampelografico del 1877 della Provincia di Terra di Lavoro e gli atti dell’Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola del 1884.
Dal punto di vista delle sue caratteristiche botaniche e colturali è un vitigno mediamente vigoroso, che ha un periodo di germogliamento medio, presenta un germoglio con apice chiuso, con portamento semi-eretto, con il lato dorsale e ventrale degli internodi di colore verde e rosso.
La foglia adulta, di piccole dimensioni, ha una forma pentagonale con la pagina superiore di colore verde medio chiaro priva di pigmentazione antocianica sulle nervature principali.
Il grappolo è di forma cilindrica, con 1 o 2 ali di dimensioni e compattezza medie. La forma dell’acino è ellissoidale larga, che ricorda vagamente quella di un'oliva. La buccia dell'acino, di medio spessore, è di colore blu nero con elevata presenza di pruina. L'epoca di maturazione fisiologica è mediamente la prima decade di ottobre.
Dal punto di vista enologico è idoneo anche per la vinificazione in purezza ed è usato soprattutto nella produzione di rossi dal sapore morbido e persistente. Il vino ottenuto da uve di Raspato presenta un colore rosso rubino intenso, dalle evidenti sfumature violacee, con odori caratterizzati da note floreali e fruttate, con sentori di ciliegia e frutti di bosco. Al gusto presenta una buona alcolicità, unita a una struttura acida bilanciata, con una leggera sapidità e una tessitura tannica, che inducono verso una chiusura leggermente amara.
La Reale bianca ha origini non documentate, ma dalle ricerche fatte sul territorio, è emerso che il vitigno è coltivato nella zona da oltre un secolo. Il nome Reale bianca deriva dalla memoria storica dei viticoltori più anziani, che hanno caratterizzato il vitigno col termine 'bianca' per distinguerlo dal Capolongo bianco, che in zona è conosciuto come Reale gialla.
Dal punto di vista delle caratteristiche tecniche e botaniche è un vitigno vigoroso, con buona resistenza alle crittogame e alle avversità climatiche e preferisce forme di allevamento espanse con una potatura lunga non eccessivamente ricca. L'epoca di germogliamento è media e presenta un germoglio con un apice completamente aperto, con portamento semi-eretto, con il lato dorsale e ventrale degli internodi di colore verde.
La foglia adulta, di piccole dimensioni, ha una forma pentagonale, con la pagina superiore di colore verde scuro, priva di pigmentazione sulle nervature principali.
Il grappolo è di forma conica, privo di ali, di dimensioni e compattezza medie. La forma dell'acino è sferoidale, con buccia spessa di colore verde-giallo con debole presenza di pruina. L'epoca di maturazione fisiologica è tardiva, mediamente avviene a inizio di ottobre.
Riguardo agli aspetti enologici il vino ottenuto da uve di Reale bianca presenta un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, con odori di fiori di campo e frutta esotica e una buona alcolicità e bassa acidità.
Al momento nel Lazio sono registrati in produzione 5 ettari per ciascuno dei due vitigni.
Con questa iscrizione al registro nazionale, cresce la base ampelografica disponibile per i viticoltori laziali, con un totale di 82 vitigni di cui 35 autoctoni.
E il lavoro di Arsial per la viticoltura e la valorizzazione del patrimonio e della biodiversità viticola del Lazio prosegue anche con altre attività, prima tra tutte la realizzazione di un vigneto sperimentale per i vitigni autoctoni, impiantato l'anno scorso a Velletri con l'obiettivo di tutelare e fare ricerca sul patrimonio genetico della vite da vino.