L'art. 600 c.p. recita: "Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona".
In altre parole, il reato consiste nell'esercizio su una persona di un potere di proprietà o di soggezione continua per costringerla a prestazioni lavorative o sessuali o comunque ad uno sfruttamento della stessa. Pertanto, la condotta non si riconduce ad una situazione di diritto, ma a qualunque situazione di fatto avente per effetto la riduzione della persona offesa nella condizione materiale dello schiavo, e cioè nella soggezione esclusiva ad un altrui potere di disposizione.
Il reato potrebbe configurarsi in capo ad una azienda soprattutto nel processo di selezione, assunzione e gestione nel personale.
Particolarmente a rischio sono la gestione del personale soprattutto stagionale ed addetto ad attività lavorative tipicamente esposte a rischi di sfruttamento illecito (lavori socialmente utili, lavori stagionali nel settore agricolo, ecc.).