"L'Ungheria non ha ottemperato agli obblighi incombenti in forza della normativa dell’Unione relativa alle accise sulle bevande alcoliche". E' questa la sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea in merito al ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea nei confronti del Paese, per non aver rispettato le regole dell’Unione relative alle accise sulle bevande alcoliche.

E' stato constatato dalla Corte che la normativa ungherese prevede, fino a un massimo di 50 litri per anno, un’esenzione totale dell’acquavite prodotta utilizzando frutti forniti dai frutticoltori, superando la riduzione massima consentita pari al 50% dell'aliquota nazionale. Le norme nazionali che esentano dall’accisa l’acquavite prodotta dai privati sono contrarie alla direttiva europea perché quest’ultima non prevede questa eccezione.

Il diritto dell’Unione europea obbliga gli Stati membri ad applicare all’alcol etilico un’accisa il cui importo minimo ammonta, per le bevande alcoliche diverse dal vino e dalla birra, a 550 euro per ettolitro d’alcol puro. Tuttavia, l’Ungheria è autorizzata ad applicare un’aliquota d’accisa ridotta all’alcol prodotto dalle distillerie utilizzando frutta fornita dai frutticoltori e destinato al consumo personale di questi ultimi. L’applicazione dell'aliquota d’accisa preferenziale è limitata a 50 litri di alcol per anno e per nucleo familiare di frutticoltori.

Nella sentenza, la Corte rileva che la direttiva relativa alle accise sulle bevande alcoliche determina le ipotesi in cui queste possono essere esentate dall’accisa o possono essere applicate aliquote di accisa ridotte. La direttiva non autorizza quindi gli Stati membri a introdurre norme preferenziali la cui portata vada al di là di quanto consentito dal legislatore europeo.