Il sistema agricolo italiano è in affanno e non ancora efficiente. Lo dice il Rapporto annuale 2008 del Centro studi investimenti sociali (Censis) giunto alla sua 42esima edizione che si è interessato anche all’innovazione del comparto agroalimentare.

 
Italia esistono circa 1.700.000 aziende agricole, di cui soltanto il 32,5% è in grado di superare la soglia minima dei 10.000 euro di fatturato. Si tratta di 550.000 imprese che da sole realizzano il 91,5% della produzione ed il 92,7% del fatturato complessivo del comparto. Un’indagine realizzata dal Censis e da Confagricoltura nei primi mesi del 2008 su un campione di imprese ha consentito di cogliere il profilo e i modelli di crescita adottati dalle realtà più moderne ed efficienti dell’agricoltura italiana.
 
Dall’analisi dei dati sull’approccio alla produzione emerge che il sistema agricolo deve saper puntare innanzitutto sull’innalzamento della qualità dei prodotti. Al conseguimento di tale obiettivo sono orientate le innovazioni introdotte (attraverso la sperimentazione di nuove cultivars o di tecniche e tecnologie colturali) dal 66% delle imprese intervistate, mentre il 23% del campione punta iauna diversificazione di tipo varietale. Entrambe le strategie sono finalizzate a posizionarsi in una fascia di mercato sempre più alta o a soddisfare le richieste di determinate nicchie di clientela, mentre soltanto l’11% delle aziende sceglie di affidarsi in prevalenza ad un incremento quantitativo della produzione attraverso migliori rese o maggiori superfici coltivabili: una scelta adottata in prevalenza nel comparto delle soft-commodities, dove non è possibile diversificare il prodotto in modo significativo.
Sempre più diffusi sono inoltre i tentativi di svolgerea attività diverse, per integrare nell’attività produttiva anche le fasi della trasformazione, del confezionamento e della distribuzione dei prodotti. Le aziende tendono a gestire queste operazioni autonomamente (41%) o attraverso consorzi o cooperative di cui fanno parte (25%): escluse quelle imprese il cui output non necessita di successive lavorazioni (13%), dunque, soltanto il 21% delle imprese si limita a cedere il prodotto a industrie di trasformazione.
A contraddistinguere l’azienda agricola moderna è però soprattutto un atteggiamento comunicativo nei confronti del mercato. Ad operare attraverso un marchio proprio, sia esso aziendale o consortile, è il 73% degli intervistati.
Molte imprese si avvalgono inoltre anche di un marchio di qualità o di un marchio d’origine: oltre a tutto il mondo del vitivinicolo, in Italia sono riconosciuti 165 marchi Dop (Denominazione di origine protetta) e Igt (Indicazione geografica tipica). Le aziende agricole che operano nell’ambito della filiera dei prodotti di qualità Dop e Igp sono in totale 75.448 ed ogni anno il loro numero è in continua crescita: tra il 2006 e il 2007 è aumentato di ben 12.909 unità, pari al 20% del totale.
 
L’espressione più evoluta dell’atteggiamento attivo verso il mercato è data dalla capacità di trovare nuovi sbocchi per i prodotti aziendali oltre i confini nazionali. Ad esportare è il 40,7% del campione (molto più bassa è la percentuale dell’intero universo delle imprese agricole italiane). Il 58,8% di chi esporta si interfaccia direttamente, senza intermediari, con i compratori: nel 33,8% dei casi si tratta di circuiti di nicchia, molto remunerativi e che non impongono il conferimento di ingenti quantità di beni; significativo è però constatare la presenza di un 25% di imprese (quindi il 10% dell’intero campione) capace di relazionarsi direttamente con i circuiti esteri della grande distribuzione organizzata.