Mercato dalle molte complessità quello che anima la filiera suinicola, con forti oscillazioni dei prezzi sia degli animali sia dei prodotti trasformati e in balia degli alti e bassi che si registrano per le quotazioni delle materie prime destinate all'alimentazione.

Oggi a essere premiati sono i suini pesanti destinati alla trasformazione, favoriti al contempo dal calo del costo dei mangimi.

Ma basta spostarsi più a valle e le cose cambiano. Tanto che oggi appare più remunerativo produrre prosciutti generici piuttosto che blasonati prodotti a marchio Dop.

 

Il seminario

Come affrontare questo problema e i numerosi altri che stanno affliggendo il settore lo si è discusso durante un recente seminario presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, organizzato dalla Smea, Alta Scuola di Management ed Economia Agroalimentare, con la collaborazione di Assaggezza, l'Accademia voluta da Levoni, noto brand del settore dei salumi.

 

Un incontro partecipato, che si è incentrato sull'intervento di Gabriele Canali, docente di Economia Agroalimentare e direttore del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell'Università Cattolica di Piacenza.

 

Interprofessione

Si è così parlato di un tema di forte attualità, come la peste suina africana, la cui fase acuta attuale è certamente dovuta ai ritardi di molti enti coinvolti ma anche a qualche leggerezza interna alla filiera.

Una filiera che peraltro stenta a dialogare al suo interno, accentuando le divisioni.

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Qualora si creasse davvero un'interprofessione efficace e strutturata nel settore suinicolo e dei salumi, sarebbe più facile parlare con le istituzioni: "Se un'istanza viene portata ai decisori politici da una sola parte, impone scelte difficili; se invece è tutta la filiera a dirsi d'accordo su un'iniziativa, ad esempio normativa, per la politica è molto più facile accoglierla" ha rimarcato Canali.

 

L'altalena dei mercati

Per comprendere meglio la complessità di questa filiera si può fare riferimento alle elaborazioni del Crefis, che evidenziano le forti oscillazioni delle commodity che compongono l'alimentazione dei suini.

i prezzi di mais, soia e orzo hanno registrato una crescita impetuosa tra fine 2021 e inizio 2022, mettendo in difficoltà l'allevamento di molti Paesi, per poi scendere e arrivare oggi a livelli più accettabili.

 

Nel contempo, le quotazioni dei suini da macello pesanti - il principale prodotto della suinicoltura italiana - pur con molti ondeggiamenti sono salite negli ultimi anni, rimanendo peraltro al di sopra di quanto registrato nei Paesi europei nostri competitor.

 

Meno prosciutti

E più a valle nella filiera? Considerando il quinquennio 2019-2024, i prezzi delle cosce fresche pesanti destinate a prosciutto mostrano un trend in sostanziale crescita sino al 2023, poi una flessione a cui fa seguito un nuovo netto rialzo a partire da maggio di quest'anno.

C'è però una dinamica preoccupante che ha voluto sottolineare Gabriele Canali: la produzione di prosciutti Dop sta calando da almeno tre anni.

Un fenomeno che riguarda soprattutto il Prosciutto di Parma, che passa da 7,8 milioni di cosce stagionate del 2021 a 7,3 milioni del 2023.

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Prosciutti e qualità

Osservato attraverso l'indice di redditività elaborato dal  Crefis, l'unico in Italia che misura la remuneratività dell'attività di allevamento, macellazione e stagionatura, significa che oggi è più conveniente produrre prosciutti non tutelati rispetto ai Dop.

 

"È un fenomeno preoccupante - ha spiegato Canali - perché se è vero che la salumeria italiana si giova largamente di un'identità basata sui prodotti di eccellenza, quando va in sofferenza il principale prodotto in questo ambito, è l'intera filiera del suino pesante a soffrirne".

 

Un motivo in più per invitare i protagonisti di tutto il segmento suinicolo e della trasformazione industriale a confrontarsi come alleati piuttosto che avversari.