Tempi difficili per la suinicoltura. Da una parte il mercato, che non premia gli sforzi degli allevatori, dall'altra le impegnative sfide sul fronte della salute e del benessere degli animali.
Questi due ultimi temi sono stati al centro dell'affollata "Giornata della suinicoltura", organizzata da Expo Consulting nelle ampie sale del centro congressi di Fico, il parco agroalimentare bolognese.

Fra i temi più dibattuti quello della minaccia da Est conseguente all'aumentare dei focolai di peste suina africana.
Credevamo di essere al sicuro, ha detto Romano Marabelli, (Oie, Organizzazione internazionale delle epizoozie), ma non è così.
L'Italia suinicola è una delle punte di diamante del nostro agroalimentare, ma tutto il settore potrebbe essere messo in gravi difficoltà se il virus varcasse i confini nazionali.

Abbiamo per fortuna un efficiente apparato di sanità che vigila affinché ciò non avvenga, ma è necessario un nuovo modo di operare. Se non ci sarà sinergia fra tutte le componenti interessate, quella veterinaria in primis, ma anche quella agricola e ambientale, la battaglia rischia di essere persa.
 
Giornata della suinicoltura
Sala gremita per la "Giornata della suinicoltura", a conferma dell'interesse per gli argomenti affrontati
 

La peste alle porte

Che ci sia da preoccuparsi lo ha poi messo in evidenza Andrea Gavinelli, (Dg Salute e sicurezza alimentare Commissione Ue).
La struttura produttiva e sociale dell'allevamento suinicolo in alcuni paesi dell'Est, sembrano favorire la diffusione del virus della peste suina africana.
Un esempio viene dalle aree del delta del Danubio con un'ampia diffusione di piccoli allevamenti semibradi, dove il controllo sanitario è a volte difficile.
Non a caso in queste zone si è verificato un forte e repentino aumento dei focolai.

Possono giocare a favore del virus anche talune attività ludiche, come il turismo venatorio.
La diffusione del virus fra gli animali selvatici, come il cinghiale, è elevata e senza una presa di coscienza del problema si rischia di diventare inconsapevoli vettori passivi dell'infezione.
Non a caso in Francia si è già iniziato a fare sondaggi fra i cinghiali selvatici per verificare la presenza del virus.

Bruxelles ha preso coscienza del problema, attivando una serie di iniziative per informare su questi temi. Alcune campagne di informazione si sono allargate a paesi fuori dai confini dell'Unione, come l'Ucraina ad esempio, dove la peste suina africana sta coinvolgendo molti allevamenti.
 
La diffusione della peste suina africana nei suini e nei cinghiali in Europa
La diffusione della peste suina africana nei suini e nei cinghiali in Europa


La sfida del benessere

Le preoccupazioni per l'avanzata della peste suina africana non hanno fatto dimenticare le altre sfide da affrontare, in primo luogo quella sul benessere, con al centro i due grandi capitoli del taglio della coda e della castrazione dei suinetti.

Entrambe operazioni cruente che si vorrebbero evitare o perlomeno sostituire con pratiche meno invasive e stressanti.
Cosa prevista peraltro dalle normative europee, ma ancora con numerosi aspetti da risolvere.
Il taglio della coda, va ricordato, si esegue per ridurre i casi di cannibalismo, mentre la castrazione è tesa a evitare che le carni degli animali adulti possano acquisire odori e sapori sgradevoli.

Il 2018, ha ricordato Nancy De Briyne (Federazione veterinari europei) avrebbe dovuto essere l'anno nel quale abbandonare queste pratiche, come previsto dalle normative comunitarie.
Gli ispettori della Ue che hanno visitato in questi giorni gli allevamenti europei hanno tuttavia trovato una diffusa situazione di mancato adeguamento.

Accade in Italia, ma la situazione è analoga negli altri paesi europei, con le uniche eccezioni di Svezia e Finlandia, dove peraltro le realtà suinicole sono modeste.
Tutti dovranno comunque impegnarsi affinché il taglio della coda divenga nel prossimo futuro un'operazione non routinaria, come accade oggi, ma straordinaria.

Più difficile sarà trovare una soluzione non cruenta per la castrazione chirurgica, che si tenta di sostituire con la via farmacologica, però costosa e ancora in divenire.


Meno antibiotici

Non poteva mancare un cenno al consumo di antibiotici e al problema della crescente resistenza batterica.
L'Italia figura ancora fra i paesi dove questo consumo è più elevato, sebbene in progressiva diminuzione negli ultimi anni.

L'arrivo della ricetta elettronica a partire dal prossimo anno sarà di grande aiuto nel monitorare la reale utilizzazione di questi farmaci.

In ogni caso il futuro non può che essere proiettato verso la riduzione del loro impiego, cosa che va di pari passo con il miglioramento dello stato di salute degli animali e di conseguenza con un loro aumentato benessere.


Sfide impegnative

Per raggiungere questi obiettivi agli allevatori si chiede un grande sforzo su molteplici fronti, tecnico, manageriale ed economico.
Sforzo che non sempre il mercato sembra pronto a recepire. Un motivo in più per chiedere alle istituzioni di sostenere il processo di aggiornamento che le aziende sono tenute a realizzare.

Come illustrato da Roberta Chiarini, (Regione Emilia Romagna), un aiuto può arrivare dalle attività di formazione e in questo campo l'Emilia Romagna può vantare la diffusione di linee guida realizzate in sinergia fra le amministrazioni dell'agricoltura e della sanità.
Seguirne il dettato significa lavorare pensando ad una visione di prospettiva, evitando che siano poi le emergenze a costringerci verso provvedimenti che per la loro immediatezza non sempre danno risposte ottimali.

Sistemi che consentano di premiare comportamenti virtuosi sarebbero auspicabili per dare un impulso significativo all'adozione delle migliori pratiche di allevamento.
Alcune esperienze in questa direzione, utilizzando le risorse dei Psr, hanno dato risultati incoraggianti. Significativa la riduzione del 59% dei farmaci utilizzati per i suinetti che si è ottenuta nelle aziende che hanno aderito all'iniziativa.

Ora anche nella nuova stesura della Pac allo studio, ed è la prima volta che accade, si parla di incentivi rivolti alla riduzione dei farmaci in allevamento, come pure di biosicurezza e benessere.


Priorità all'informazione

L'impegno per il mondo degli allevamenti suini è forte e siamo solo agli inizi.
Presto dalla fase di verifica e controllo, come quella attuale, si passerà a processi di attuazione impositivi, con il loro fardello di sanzioni.
E' opportuno non farsi trovare impreparati.

E gli allevatori, soprattutto le organizzazioni che li rappresentano, farebbero bene a raccontare, e con la giusta enfasi, quanto gli allevatori stanno facendo per migliorare salute e benessere dei loro animali.

Farlo sapere ai consumatori è anche un modo per evitare che sugli allevamenti intensivi si continui a puntare il dito, credendo che gli animali siano imbottiti di chissà quali farmaci o che gli allevamenti siano luoghi di inutili sevizie. E' vero il contrario e bisogna dirlo ad alta voce. Non solo fra gli addetti ai lavori.