Temi "sentiti"
Tre, in particolare, i filoni tematici affrontati nel corso del convegno, che non a caso coincidono con alcuni degli ambiti gestionali in cui le aziende italiane presentano, quanto meno a giudizio degli organizzatori, ampi margini di miglioramento: lotta allo stress termico, un problema ricorrente visto che si ripropone puntualmente ad ogni estate; applicazione di adeguate strategie di gestione tecnico-economica, in grado di rendere più efficiente e sostenibile l’attività di produzione di latte; gestione del personale e della cosiddetta “transizione generazionale”, ovvero del passaggio del testimone aziendale ai propri figli. E se i primi due argomenti hanno incontrato il vivo interesse dei presenti (tra gli imperativi categorici emersi, quello di misurare per conoscere e per migliorare), con l’ultimo tema, abitualmente poco trattato in occasione dei convegni tecnici, gli organizzatori hanno fatto veramente bingo. Se non altro a giudicare dall’autentica sfilza di domande provenienti dall’uditorio, maschile e soprattutto femminile.
Leader e non boss
In cattedra, per l’occasione, gli esponenti della famiglia Pagel, titolare nel lontano Wisconsin di un piccolo impero del latte fatto di tre grandi allevamenti, un caseificio, alcuni punti vendita aziendali e un maxi-ristorante. Ebbene, a detta di Jamie Pagel, direttrice operativa del gruppo, è molto più facile gestire le 13.000 vacche in lattazione che i quasi 300 dipendenti in forza alle aziende di famiglia. Tra i fattori determinanti nel motivare il personale, renderlo più performante e rallentarne il turn-over, una corretta comunicazione, scritta (di diritti e doveri) e verbale. Fatta nella lingua del dipendente (anche negli Usa il personale è straniero) e all’insegna del massimo rispetto reciproco; il segreto – ha suggerito Jamie – è che il titolare dell’azienda sia sempre visto come un leader, uno che si mette in gioco in prima persona, e non come un semplice capo che impartisce ordini.
Delicatissimo anche il rapporto con i figli: dai Pagel la regola è che i giovani studino, ma che prima di fermarsi in azienda (supposto che ciò sia a loro gradito) debbano intraprendere un’esperienza di lavoro di almeno tre anni lontano dalle protettive mura domestiche. In stalla non c’è proprio spazio per i “bamboccioni”…
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Fonte: Allevatori Top
Autore: Alessandro Amadei