Progetto partito nel 2000
Erano 60mila i capi di razza varzese, l’unica razza autoctona lombarda, all’inizio del secolo scorso, ma nel 2000 se ne contavano solo cinquanta. E’ stato allora che è partito il progetto di biodiversità per la tutela della razza. Ad oggi si contano 180 capi distribuiti in quindici aziende agricole (di cui 141 femmine, 90 di queste vacche), impegnate con un’attività interessante sia sotto il profilo economico che ambientale. Capofila del progetto di recupero e salvaguardia della razza è stato il settore agricoltura dell’ex Provincia di Milano.
Pregiudizio da superare
“Considerare queste forme di sostegno a esempi di zootecnia forse marginali e poco in linea con le esigenze del mercato - ha detto Fava - mi ha fatto insistere per vincere un pregiudizio, cioè che allevare questa razza fosse una sorta di passo indietro. Che per i mercati non abbia più molto senso. Sulla fascia alpina delle valli orobiche, per esempio, si è scatenata la caccia alla bruna alpina, ma è per il fatto che nel Psr c’è una contribuzione di 400 euro/uba l’anno, interessante per compensare la scarsa remunerazione del prezzo del latte”.
Economia nella gestione
Secondo alcune esperienze di produttori intervenuti all’incontro, oggi la razza può contribuire a sostenere il reddito agricolo dell’allevatore, anche per la sua economicità di gestione. Passione per la razza e l’allevamento hanno spinto questo gruppo di allevatori a superare le difficoltà incontrate nel corso di questi anni.
Imprenditore può diversificare
“Oggi facciamo i conti con la mentalità tale per cui l’unico obiettivo è quello produttivo - ha osservato Fava - in un contesto dove la quantità prodotta non è remunerata adeguatamente. Un mercato che non soddisfa più l’imprenditore, che deve iniziare a diversificare approcciando modalità che ti danno accesso a risorse. Un ricorso maggiore al biologico, che sembra auspicabile e, dove possibile, all’utilizzo di razze in via di estinzione in linea con il recupero delle specie autoctone, della valorizzazione territoriale oltre che della sostenibilità ambientale e dell’economicità gestionale”.
Meccanismo nuovo
“Un meccanismo nuovo - ha rilevato l’assessore regionale - che ha permesso ai cinquanta capi di varzese presenti in tutto il Paese, quindici anni fa, di crescere in numero, grazie anche a questa modalità che incentiviamo e che può aiutare a recuperare pezzi di territorio. Sto ricevendo dimostrazioni di interesse su questa misura, più dalla fascia pianeggiante bassa milanese, che da quella appenninica, e questo è frutto di un pregiudizio di fondo rispetto al recupero ed all’incentivazione di razze autoctone”.
Iniziative devono arrivare dalle imprese
“La vostra esperienza fin qui è stata positiva - ha concluso Fava, rivolgendosi agli allevatori - e mi è servita da stimolo per rinnovare la misura sulla biodiversità, in particolare per quanto riguarda le razze in via di estinzione”.
Il bando sulla misura 10 si apre il 31 marzo, per chiudersi il 15 maggio.
“Son qui per verificare i risultati della vostra ricerca e invito gli allevatori ancora più tradizionalisti a riconsiderare questa modalità nuova, che può consentire alle aziende di affrontare i prossimi cinque anni, con l’idea che il mercato cambierà ancora e che la zootecnia lombarda, nel frattempo, debba resistere. Per farlo occorre cambiare approccio, ed un cambio culturale. Nessun’altra misura viene pregiudicata dall’inserimento di questi animali. Devono essere le imprese a venire avanti con le iniziative: noi mettiamo a disposizione regole, strumenti e risorse, se poi tutto ciò rende remunerativo la vostra progettualità, dovete dirlo voi”.