Dopo quattro “visto”, un “considerato” e un “ritenuto”, arriva il primo articolo del decreto con il quale il ministero per le Politiche agricole intende regolamentare la produzione di prosciutti Dop e Igp. Il testo è stato pubblicato in questi giorni e lo si può leggere sul sito del Mipaaf. Il linguaggio utilizzato è uno stretto dialetto burocratese, ostico alla comprensione e insensibile ad ogni appello alla semplificazione. Così si legge che per Regioni interessate (al decreto, ovviamente) si intendono quelle “nelle quali è ubicato oltre il 50% delle aziende di trasformazione della denominazione interessata che detiene oltre il 50% della produzione interessata”. Facile no? Insomma, bisogna applicarsi un po', poi ci si arriva. Un ruolo centrale lo assume il “soggetto legittimato” che dovrà predisporre il piano, trasmetterlo alla Regione che valuterà se sono stati rispettati i requisiti previsti (accordo fra le parti, idoneità dello stesso “soggetto legittimato”, completezza amministrativa e via elencando). Ma chi è questo “soggetto legittimato”? Vediamo cosa dice il decreto: “Gruppo di operatori di cui all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (UE) n.1151/20122”. E qui, se non si ha a portata di mano la raccolta delle Gazzette Ufficiali, è difficile uscirne. Ma questa volta il decreto ha voluto fare le cose per bene e continua dicendo “individuato nel Consorzio di tutela della Dop e della Igp riconosciuto dal ministero”. Bene, i protagonisti, se non abbiamo capito male, saranno i Consorzi di tutela (San Daniele o Parma per citare alcuni dei più noti) che dovranno farsi carico di predisporre piani di produzione e presentarli per l'approvazione. Un po' come avviene per i formaggi Dop, ad esempio Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Un coro di proteste
Mentre i piani di produzione dei formaggi Dop sono stati ben accolti dai produttori di latte, nel caso dei prosciutti è stato invece un coro di proteste. Scarso il coinvolgimento degli allevatori, secondo alcuni, fortemente limitato il ruolo delle Regioni secondo altri. Così Confagricoltura e Cia dell'Emilia Romagna (regione che vanta un ruolo chiave nella produzione dei prosciutti Dop) hanno bollato come “inaccettabile” il decreto firmato da Maurizio Martina. “Le scelte devono essere prima condivise con la parte agricola” hanno tuonato in coro. Punto dolente del decreto, evidenziano le due organizzazioni, la semplice consultazione degli allevatori e non il loro coinvolgimento attivo. Posizioni analoghe quelle espresse da Unapros, l'unione fra le organizzazioni degli allevatori di suini. Non meno critica la risposta della Lombardia, altra Regione chiave della suinicoltura italiana. “Di per sé il provvedimento va nella direzione giusta – ha detto l'assessore lombardo all'Agricoltura Gianni Fava – perché la suinicoltura necessita di una pianificazione di filiera”. Ma gli apprezzamenti si fermano qui. “Non si può subire un decreto calato dall'alto, - continua Fava – con un percorso di regolazione dell'offerta pressoché esclusivamente in mano agli stagionatori, senza tenere in minima considerazione la posizione degli allevatori.”
Si ricomincia daccapo?
Ora si chiede a gran voce che il decreto sia ritirato per riscriverlo dopo aver convocato un tavolo al quale far sedere allevatori e regioni, coinvolte loro malgrado in compiti di controllo pur senza aver partecipato alla stesura del decreto. Purché, aggiungiamo, si faccia in fretta o, peggio, non venga la tentazione di rimettere tutto nel cassetto, lasciando al mercato ogni decisione. Un rischio da non sottovalutare e che farebbe ripiombare la filiera suinicola nell'incubo di un alternarsi senza fine di crisi sempre più profonde.
17 novembre 2014 Zootecnia