Sono queste le valutazioni emerse dal Comitato esecutivo del Consorzio del Parmigiano Reggiano a fronte del drastico calo del prezzo del latte a livello mondiale e della tendenza ad un ulteriore e pesante ribasso.
Dal Consorzio, dunque, preoccupazioni per questa spinta ribassista che ha determinato anche una flessione evidente delle quotazioni del Parmigiano Reggiano (oltre 50 centesimi da febbraio ad oggi dopo il buon rialzo di fine 2013), ma anche una serie di considerazioni specifiche sulle condizioni del settore che lasciano intravvedere la fine di questo negativo ciclo.
“Dall’inizio dell’anno – sottolinea il presidente dell’Ente di tutela, Giuseppe Alai – la produzione è stabile (-0,03%), e anche nel mese di aprile si è attestata allo stesso livello del 2013.
La tendenza alla riduzione dei quantitativi, peraltro, si è avviata nell’estate 2013 (-0,83% il saldo dell’anno), e si va così gradualmente compensando quella forte crescita avvenuta nel 2011 (+7,1%) e nel 2012 (+2,3%) che – per un formaggio a lunga stagionatura – genera effetti pesanti che si scontano da 12 a 30 mesi dopo il momento della produzione”.
“Grazie all’adozione del piano che regolamenta proprio i quantitativi – prosegue il presidente del Consorzio – la produzione si è così stabilizzata da quasi un anno su livelli compatibili con una domanda che sul mercato interno sconta gli effetti della crisi economica sull’acquisto di formaggi duri nella Gdo (compensato in parte, per il Parmigiano Reggiano, dall’aumento delle vendite dirette in caseificio), mentre su quelli esteri continua a registrare sensibili incrementi anche nei primi quattro mesi del 2014”.
Da qui, dunque, le valutazioni che spingono il Consorzio a prevedere il raggiungimento di condizioni di equilibrio, dapprima in grado di stabilizzare subito le quotazioni e, poi, favorevoli ad un possibile rialzo.
“Le condizioni oggettive del mercato – conclude Alai – spingono in questa direzione, ed occorrerà vigilare affinchè non si insinuino tendenze che rivelerebbero la presenza di fenomeni puramente speculativi lungo la filiera di una Dop che non ha nulla a che vedere con il latte spot”.
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