Un fatturato di 50 miliardi di euro, una produzione di 151 milioni di tonnellate, realizzata da 4000 aziende che danno lavoro complessivamente a 110mila addetti. E' questa la “fotografia” dell'industria mangimistica europea (21 Paesi Ue, più Svizzera, Turchia, Norvegia, Croazia, Serbia e Russia) emersa dalla recente assemblea generale della Fefac, la federazione europea tra i produttori di mangimi composti, della quale fa parte l'Assalzoo, l'associazione che riunisce i mangimisti italiani. I dati emersi dall'assemblea della Fefac, a Bruxelles, mostrano una realtà diversificata che contrappone forti riduzioni della produzione (Repubblica Ceca -14%, Danimarca -6,6%) a situazioni di crescita, come in Italia, Polonia e Germania dove si registra un + 3%.

Le maggiori sofferenze si sono registrate per la produzione di mangimi per bovini (-2,1%) e suini (-0.6%), mentre è costante la crescita di produzione per l'alimentazione dei polli, che è aumentata dell'1,1%. Nel complesso, lo scenario del comparto Ue nel 2011 ha risentito ancora dei costi elevati delle materie prime e della situazione di fragilità del settore suinicolo. Ai problemi di mercato si aggiungono, a parere di Patrick Vanden Avenne, presidente Fefac, alcune questioni irrisolte da parte dell'Unione Europea circa la possibilità di utilizzare in itticoltura le proteine di origine animale trasformate. Un voto positivo da parte del Comitato Permamente Ue sulla riautorizzazione all'impiego di queste proteine, ha evidenziato Avenne, potrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni di farine di pesce.

 

Mercato “nervoso”

Sullo sfondo restano le forti tensioni registrate dai mercati delle materie prime per mangimi. Ad eccezione della soia, il cui prezzo è leggermente calato, nello scorso anno i prezzi dei cereali e dei loro derivati sono cresciuti in media anche di oltre il 35%. Esaminando l'andamento delle due principali Borse italiane, Bologna e e Milano, il costo del grano tenero ha fatto segnare nella media del 2011 un +35,7 per cento, il prezzo del mais è salito del 34,1 per cento e quello dell'orzo ha registrato un incremento di quasi il 36%. In controtendenza il dato della farina di soia (-2,2 per cento). Il confronto si fa ancora più pesante se si risale al 2009. Nella media dei due anni l’aumento supera in molti casi addirittura il 60%. Al costo delle materie prime si devono poi aggiungere gli aumenti di tutti gli altri costi di produzione, con veri e propri record per energia, trasporti e pressione fiscale che hanno inevitabilmente pesato sul prezzo finale dei mangimi, nonostante gli sforzi delle aziende mangimistiche per contenere i rincari. L'andamento del settore sarà al centro delle discussioni nell'ambito della prossima assemblea di Assalzoo, in programma a Bologna il 22 giugno e che sarà anche occasione per il rinnovo delle cariche direttive.