Ogni chilo di carne bovina che esce da un allevamento di vitelloni costa più di due euro. Lo conferma un attento studio recentemente pubblicato dal Crpa (Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia). Lo stesso studio mette in evidenza che almeno dal 2008 il prezzo dei vitelloni è al disotto del costo di produzione. In queste condizioni gli allevamenti di bovini da carne dovrebbero aver già chiuso i battenti da un pezzo. Invece sono ancora in attività, almeno la maggior parte. Come si spiega? Tutto merito dei premi Pac che consentono la sopravvivenza degli allevamenti, offrendo un pur risicato margine di redditività. E' ancora lo studio del Crpa a sottolinearlo. Solo grazie al pagamento unico aziendale e del premio accoppiato alla macellazione, infatti, gli allevamentii hanno ottenuto un'integrazione del reddito aziendale sufficiente a remunerare i costi di produzione, lasciando un piccolo margine positivo. Questa è la “fotografia” del settore per il 2010. Ma per quest'anno si teme che l'aumento dei costi, in particolare dell'alimentazione per il rincaro del mais (+ 65% nella prima metà dell'anno), possa annullare anche i benefici del sostegno comunitario. Né si può contare su una ripresa delle quotazioni di mercato tale da mettere “in sicurezza” gli allevamenti. I consumi di carni bovine sono stabili o peggio in flessione, cosa che certo non favorisce una spinta sulle quotazioni. Al contrario continuano le tensioni sui prezzi delle materie prime per l'alimentazione, sempre più volatili e altalenanti sotto le spinte dei mercati globali e delle speculazioni finanziarie.

 

Attenti alla Pac

Il mercato preoccupa, ma non spaventa. Allevatori e operatori del settore sono avvezzi agli sbalzi di “umore” e al saliscendi dei prezzi. La “tempesta perfetta”, quella capace di spazzare via le ultime speranze di sopravvivenza dei nostri allevamenti, è invece dentro alla riforma della Pac. I nostri allevamenti, per la loro particolare fisionomia, potrebbero vedere una forte riduzione degli aiuti che hanno sin qui percepito. Spesso si tratta di stalle da ingrasso, che si riforniscono di vitelli importati al peso di circa 300 chilogrammi e poi portati sino al finissaggio con pesi di oltre 600 chili. Stalle che in molti casi non hanno a disposizione grandi superfici di terreno agricolo e che per l'alimentazione si rivolgono ad acquisti esterni all'azienda. A queste tipologie di allevamento, che peraltro trovano diffusione solo in Italia, la riforma della Pac non dedica attenzione. E il risultato sarà un taglio degli attuali premi. Taglio che porterà alla chiusura delle stalle da carne, visto che è solo grazie ai premi comunitari che si realizza un margine, come dimostra l'analisi del Crpa. Stalle chiuse e aumento delle importazioni, che coincide con un un peggioramento della nostra bilancia commerciale. E' questo lo scenario al quale bisogna prepararsi. E che si potrebbe evitare se a Bruxelles si riuscisse a far valere le ragioni degli allevamenti da carne italiani. Un risultato che in passato è stato raggiunto solo poche volte.