La Tanzania è uno dei Paesi più poveri del mondo, che necessita di trovare soluzioni concrete per fare fronte alla persistente carenza di cibo. In questo senso l’allevamento da latte si sta dimostrando strategico e sta dando risultati tangibili.  

Il Cefa (Comitato europeo di formazione agraria), associazione di volontariato con sede a Bologna, ha infatti fatto partire sei anni fa un progetto che mira alla formazione di personale del luogo per sviluppare l’allevamento da latte.

“Il progetto – spiega Marco Benassi, direttore del Cefa – prevede la raccolta, la trasformazione e la successiva commercializzazione del latte proveniente dagli allevamenti del distretto di Njombe attraverso un caseificio costruito quando il progetto ha preso avvio. Ad esso si aggiungono tre centri di raccolta che abbiamo realizzato negli anni successivi in punti diversi del distretto per far fronte alla difficoltà logistica degli spostamenti in un territorio vasto quasi quanto l’Italia”.

Va da sé che quando parliamo di allevatori il confronto non può certo reggere con le aziende zootecniche italiane e/o europee: nel distretto di Njombe, per ogni realtà produttiva, non si contano più di 5, massimo 6 capi per un totale di circa 2.000 vacche che conferiscono mensilmente circa 73mila litri di latte, pari a una produzione giornaliera di quasi 2.700 litri totali.

“Il latte proviene solamente da bestiame che abbiamo vaccinato contro la tubercolosi bovina – puntualizza Benassie che grazie al miglioramento alimentare e genetico che stiamo portando avanti in collaborazione con un Centro del posto, oggi ha più che raddoppiato la produzione di latte rispetto a sei anni fa, quando ogni vacca a fatica arrivava a produrre non oltre 2 litri di latte al giorno”.

“Dall’inizio del 2009, inoltre – sottolinea ancora Benassi – per favorire il miglioramento alimentare dei bambini, è partito un progetto che assicura la distribuzione settimanale di latte in 36 scuole del distretto di Njombe - un terzo del totale - in grado di coinvolgere per il momento almeno 15mila bambini.".

Il progetto del Cefa, come tutti quelli che ha sparso per il mondo, non verte sull’aiuto assistenziale fine a se stesso, bensì sulla formazione della gente del posto accompagnandola in un percorso di responsabilizzazione rispetto al lavoro svolto che diventa così fonte di reddito.

Per ogni litro conferito al caseificio, agli allevatori vengono riconosciuti 425 scellini (1 euro vale 1.750 scellini, quindi l’equivalente è circa 24 cent./litro), 100 in più di quanto viene percepito dai produttori di altre zone del paese, mentre la vendita si attesta a 850 scellini (circa 48 cent./euro). Lo yogurt viene commercializzato intorno a 1.400 scellini/litro, mentre i formaggi vanno da 7.800 a 9.000 scellini/kg, a seconda della distanza da percorrere tra il caseificio e il luogo di commercializzazione, al pari della mozzarella, che viene venduta ad un prezzo variabile dai 6.800 agli 8.700 scellini.

“Il nostro personale – termina Benassi – dovrebbe lasciare il distretto di Njombe alla fine del 2012, quando prevediamo che tutti i lavoratori locali, saranno in grado di andare avanti in piena autonomia. Perché questa è la nostra priorità: fornire alle popolazioni del posto strumenti e capacità in grado di migliorare il reddito famigliare, salvaguardare la sanità del territorio e garantire la distribuzione di un alimento che soprattutto per i bambini non ha eguali; un obiettivo perseguibile solo attraverso un razionale sviluppo rurale. Si tratta di un’opportunità che altrimenti, in quelle zone, non si sarebbe mai concretizzata”.