Nella seconda fase dell’anno in corso il mercato del grano duro potrebbe riservare delle sorprese amare a chi in Italia produce questo tipo di frumento. Perché se i prezzi sono ancora calanti, le semine per la campagna 2015-2016 sono in aumento.

Da un lato vi sono le quotazioni rilevate da Borsa merci telematica italiana che  segnalano come “I prezzi all’ingrosso del grano duro nazionale sono tornati a scendere a dicembre 2015 (-2,7% su base mensile), dopo i segnali di maggiore stabilità emersi a novembre”.
Borsa merci telematica nella sua analisi mensile sull’andamento del mercato cerealicolo all’ingrosso rileva anche: “Nel complesso, i primi sei mesi della campagna 2015-16 hanno registrato una flessione delle quotazioni del 18,3%, con i valori del grano duro fino scesi dai 326 euro/t di luglio ai 266 euro/t di dicembre. Pesante anche il divario negativo su base annua, con i prezzi attuali più bassi del 31,1% rispetto a dicembre 2014".

Inoltre, secondo una rilevazione effettuata da AgroNotizie tra le maggiori imprese sementiere con mercato in Italia, le semine di frumento duro per la campagna 2015-2016 nel Paese sarebbero in deciso aumento. In parte incoraggiate dai contratti di filiera, in parte dovute ad avvicendamenti nei piani colturali, al Nord Italia le semine di frumento duro sarebbero aumentate del 20%, mentre al Centro Sud l’incremento sarebbe più contenuto -  intorno al 2–3% - ma significativo in termini assoluti, visto il peso del Centro Sud sulla produzione di frumento duro in Italia.

Al Nord l’exploit delle semine di frumento per la campagna 2015-2016 sono particolarmente legate, secondo fonti AgroNotizie, alla diminuzione delle semine di mais e all’abbandono di colture marginali. Il Nord Italia pesava nel 2013 per poco più dell’8% sui raccolti italiani, ma era già in crescita tra il 2012 e quell’anno del 13,3%. Al Sud la progressione nelle semine registra una ripresa, dopo una fase di disinvestimento.

La produzione di grano duro in Italia nel 2013 si era attestata a 3 milioni e oltre 721mila tonnellate, secondo l'Istat. Nel 2014 l'Ismea stima che si erano già superati anche se di poco i 4 milioni di tonnellate, per giungere poi al raccolto 2015 a 4 milioni e 380mila tonnellate, con un incremento tra gli ultimi due anni dell’8,5%..

Ma non è sempre e comunque non solo l’eccesso di offerta a determinare prezzi più bassi sui mercati cerealicoli ed in particolare su quello del frumento duro nazionale.

Il sentiment delle imprese sementiere sentite da AgroNotizie racconta di un comprato cerealicolo italiano ancora molto orientato all’utilizzo del seme da rimonta, anche per tre anni consecutivi, con una perdita di caratteristiche originarie dei semi certificati, che determina minore resa in proteine e quindi minore apprezzamento sul mercato.