"Sono un'opportunità di business e di mercato notevole". Queste le prime parole di Milena Lambri, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, parlando dei vini dealcolati.
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Se da un lato il trend di consumo del vino è in diminuzione per tutta una serie di motivi, dall'altro il mercato dei dealcolati continua a crescere: i numeri dei No-Lo (no e low alcohol) secondo l'analisi dell'Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base dati Iwsr dicono che è un mercato globale da 2,4 miliardi di dollari, che punta a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028.
Certo, ci sono delle differenze a seconda del contesto geografico, di quello socio culturale, della dieta e delle abitudini alimentari di ogni specifica popolazione, ma in generale l'interesse per il settore c'è.
Se negli Stati Uniti questo mercato ha già un altissimo valore economico, ci sono altri Paesi che stanno mostrando sempre più interesse. Gli ultimi report dicono che anche nel Nord Europa questo mercato sta crescendo tantissimo, soprattutto in Norvegia e in Svezia.

Nel Nord Europa il mercato dei vini dealcolati sta crescendo molto
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
Nel nostro Paese quello dei No-Lo è un mercato che ha già suscitato l'interesse di oltre un terzo degli italiani; anche in Francia, per esempio, "negli ultimi quattro anni è cresciuto enormemente il numero delle enoteche dedicate a questo target di prodotto", afferma Milena Lambri che abbiamo incontrato a margine di un convegno dello scorso maggio in occasione di Enoforum 2025. "Mentre magari - continua - i Paesi più tradizionali del bacino del Mediterraneo sono un po' più vicini ai parzialmente dealcolati, gli asiatici, che non sono abituati a consumare alcol, sono più interessati all'assenza totale". In Giappone, ad esempio, c'è molta curiosità sui no alcol.

Nel corso del convegno a Enoforum 2025 è stata fatta una panoramica sul mercato dei vini dealcolati
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
Il mercato sembra pronto, ma a livello normativo ci sono ancora vari nodi da sciogliere. Il Regolamento UE 2021/2117 del 2 dicembre 2021 è la norma chiave per il settore e a livello nazionale il 20 dicembre 2024 è uscito il Decreto del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste n. 672816, ma ad oggi ci sono ancora delle questioni in sospeso. "Non è possibile per esempio dealcolare i vini Dop e Igp", spiega la professoressa.
Tra i nodi c'è anche quello fiscale: il Decreto Legislativo n. 43 del 28 marzo 2025 ha modificato il Testo Unico delle Accise inserendo l'articolo 33-ter per disciplinare il processo di dealcolazione in ambito fiscale, rinviando a un decreto interministeriale del Ministero dell'Economia e delle Finanze e di quello dell'Agricoltura la definizione delle condizioni relative all'assetto del deposito fiscale e le modalità semplificate di accertamento e di contabilizzazione dell'accisa per questi prodotti. Un passo in avanti si è poi avuto con l'approvazione del Decreto Legge Fiscale del 12 giugno scorso che ha sbloccato lo stallo sulla produzione che rischiava di protrarsi fino al 2026. Qualcosa dunque si muove.
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Dealcolazione: vini e tecniche
Ma ci sono vini che sono più adatti alla dealcolazione e vini che invece sono meno adatti?
Innanzitutto è bene specificare che un vino può essere dealcolato totalmente o parzialmente. La dealcolazione è totale se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto non è superiore allo 0,5%, è invece parziale se il titolo alcolometrico effettivo del prodotto è superiore allo 0,5% e inferiore al titolo effettivo minimo della categoria che precede la dealcolazione.
Milena Lambri ci racconta che la tecnica che si applica per la dealcolazione "deve essere minimamente invasiva sul profilo, sia dei componenti fissi, ma soprattutto dei componenti volatili del vino". I vini più strutturati, come per esempio i vini rossi, soffrono un po' meno rispetto alla perdita di sostanze, soprattutto volatili; i vini bianchi invece "possono essere un po' più delicati, ma traggono magari un beneficio rispetto a come si riorganizza la composizione del vino".
Parlando di tecniche di dealcolazione, Davide Carlet di Omnia Technologies, sempre a margine del convegno dal titolo "Innovazione e qualità sensoriale: la dealcolazione che preserva la struttura del vino", ci ha spiegato che ce ne sono varie.
"Alcune sono già presenti da anni sul mercato e principalmente sono tecniche che si basano sulla distillazione diretta, quindi del passaggio diretto del vino su una colonna di separazione. Queste tecniche spesso abbinano dei recuperi aromatici. Dopodiché - ha affermato Carlet - ci sono tecniche più innovative che utilizzano anche delle membrane abbinate all'uso di colonna di distillazione sottovuoto. Sicuramente queste sono tecnologie che impattano meno sulla qualità del prodotto finale".
"Ci sono anche altre tecniche - ha continuato Davide Carlet - che vengono spesso utilizzate per la dealcolazione parziale del vino che sono fondamentalmente tecniche che utilizzano membrane idrofobiche che sono molto efficaci nell'abbassare di pochi gradi il volume di alcol del vino; diventano però più complesse a livello di utilizzo nel momento in cui si richiede una dealcolazione totale".
Vini dealcolati: mercato, normativa e tecniche di dealcolazione
Vini dealcolati: le prove sperimentali
Proprio in collaborazione con Omnia Technologies, l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha fatto delle prove sperimentali rispetto alla preservazione della struttura del vino, ovvero rispetto al mantenimento di un determinato profilo dell'aroma del vino e al mantenimento della qualità sensoriale.
"La tecnologia Libero di Omnia Technologies a membrana con caratteristiche di microporosità molto specifiche dal punto di vista chimico - ci spiega la professoressa Milena Lambri - è una tecnica che non impatta a livello della struttura del vino e le prove sperimentali che abbiamo fatto hanno evidenziato che c'è anche un buon mantenimento del profilo dei composti volatili. Certamente ci sono delle diminuzioni, però bisogna considerare il valore che hanno queste sostanze in una matrice completamente priva di alcol e quindi la nostra percezione che cambia in questa matrice rispetto al vino di partenza".
Le prove sono state fatte su Sauvignon Blanc, un vino bianco con un aroma varietale molto pronunciato che deve essere mantenuto e su Pinot Nero, un vino cioè strutturato con una componente tannica importante, "dove le perdite di sostanze volatili sono state minori. Ma anche nel caso del Sauvignon Blanc, soprattutto sulla parte varietale, si sono ottenuti risultati confrontabili con il vino di partenza, quindi le perdite sono state minimizzate e rispetto ai componenti della parte volatile che dà poi il fruttato, che ci regala queste belle percezioni di frutta, si è osservato un positivo feedback a livello di riscontro sensoriale e anche di riscontro chimico".
"Tutta la letteratura scientifica - conclude Milena Lambri - è unanime nell'indicare le tecniche a membrana come le tecniche che oggi permettono di preservare al meglio la qualità del vino di partenza quando sottoposto alla decolorazione".































