Sicuramente la congiuntura mondiale gioca un ruolo favorevole ma è necessario riflettere anche su fattori interni che riteniamo non certo trascurabili. Partiamo dal contesto internazionale: le previsioni danno cali dei raccolti di grano tenero, duro e orzo in Canada, Stati Uniti e Russia. Qualche aumento in Ucraina, previsioni buone in Australia e Argentina.
Sia in Russia sia in Nord America la causa degli scarsi raccolti sarebbe il clima caldo e siccitoso. Per l'Europa il maggiore produttore, la Francia, deve registrare un raccolto di 35 milioni di tonnellate, superiore alla precedente e disastrosa annata (29,2 milioni di tonnellate) ma inferiore alla media degli ultimi dieci anni e peraltro di bassa qualità. In Germania si prevede un ribasso del 4% della produzione.
Per il grano duro nelle principali aree di produzione pare che vi sia un sensibile calo: in Canada le raccolte dovrebbero essere del 38% più basse rispetto all'anno precedente a fronte di un netto aumento della domanda che si sta già concretizzando in un aumento delle esportazioni (+12% rispetto allo stesso periodo del 2020).
Negli Usa si registrano basse produzioni di duro nelle principali aree di produzione del Kansas e del North Dakota. Alla Borsa di Chicago quindi i futures vanno alla grande: sul grano duro. Siamo a +28% in un mese (rilevazioni AgroNotizie).
E adesso veniamo alle cause "endogene". Qui ci pare che il fatto che sempre più pastifici italiani scelgano di enfatizzare l'origine nazionale dei grani, quindi che siano in aumento i contratti di filiera oltre che la domanda di duro made in Italy, giochi in maniera fondamentale sul ritorno a prezzi remunerativi per i produttori.
L'azione di marketing e di informazione a favore della produzione nazionale (e del consumatore) ha funzionato. Ora bisogna bissare su altre colture. A partire dalle foraggere per esempio. Pensiamo a più prodotti fatti con latte italiano e foraggi italiani: sarebbe un trionfo.