Consumi stabili sul fronte dei volumi di ortofrutta fresca (incluso IV gamma e frutta a guscio) per il primo trimestre 2018, ma in Italia si continua a perdere valore: nei primi tre mesi dell'anno la flessione è del 2,5% rispetto all'analogo periodo dello scorso anno, a fronte di un +0,7% dei quantitativi venduti.
“Il mercato di frutta e verdura è oramai contraddistinto da rapidi mutamenti. In questo quadro di interessante evoluzione si conferma l’importanza di un attento monitoraggio delle dinamiche in corso per meglio comprendere i percorsi evolutivi del settore. L’accordo tra Ismea ed Agroter e l’impegno professionale profuso insieme negli ultimi anni ha permesso di realizzare questo rapporto in un’ottica di sinergie operative di condivisione del relativo know-how”, sottolinea Raffaele Boriello, direttore generale di Ismea.
“I consumi sono fermi al palo e l'ortofrutta italiana perde ancora valore - commenta Roberto Della Casa, docente di marketing all'Università di Bologna e fondatore di Agroter, società specializzata nella ricerca sul marketing strategico dei prodotti freschi e freschissimi -. Se il gennaio nero di quest'anno (-2,8% a volume e -3,1% a valore) poteva trovare una giustificazione dal paragone con i dati di gennaio 2017, quando per le gelate i prezzi dei prodotti ortofrutticoli erano schizzati in alto, i trend negativi di febbraio e marzo portano a credere che sia assolutamente necessario intervenire per aumentare il valore percepito dell'ortofrutta. Oramai gli unici incrementi nei consumi si notano nei mesi estivi, quindi per effetto dell'andamento climatico, senza nessuna componente strutturale: per aumentare i consumi di frutta e verdura – rimarca il docente – bisogna lavorare sul valore, per questo abbiamo dedicato Think Fresh a questo aspetto cruciale per il futuro dell'ortofrutta italiana: bisogna rimettere il valore al centro delle strategie”.
Think Fresh contiene anche la più approfondita ricerca mai condotta in Italia sulle abitudini di acquisto e consumo per l’ortofrutta. Agroter, in partnership con Toluna, ha analizzato i comportamenti di 3mila responsabili acquisto rappresentativi delle famiglie italiane. “Il responso è lapidario – anticipa i risultati della ricerca Della Casa – se chiediamo agli italiani di esprimersi sull'evoluzione del gusto di vari prodotti alimentari vediamo che per articoli molto in voga in questo momento, come gelato artigianale, vino, birra e cioccolato, un'importante quota di consumatori pensa che le loro caratteristiche qualitative siano migliorate. Cosa che non succede per l'ortofrutta”.
Ecco nel dettaglio i dati sulla variazione della qualità percepita. Per il gelato artigianale i giudizi positivi (qualità decisamente migliorata e migliorata) sono il 57%, per la birra il 54%, per il cioccolato il 51%, per il vino 49%, ma anche per un prodotto maturo e quotidiano come la pasta il 40% degli intervistati ritiene che la qualità sia migliorata.
Il 33% degli italiani, invece, dà giudizi negativi (gusto peggiorato o decisamente peggiorato) sulla frutta fresca e il 27% sulla verdura fresca. Scendendo più in profondità, il sapore dei pomodori è peggiorato per il 56% dei consumatori, quello delle fragole per il 54% e poi ancora albicocche (36%), ciliegie (32%) e meloni (29%).
“Freschezza e gusto sono i due driver principali per guidare i consumi di ortofrutta – prosegue il fondatore di Agroter –. C'è una quota sensibile di italiani che dichiara come i prodotti, una volta acquistati, a casa non si conservino nemmeno per il tempo utile a consumarli; ma la freschezza è ormai considerata un prerequisito per buona parte degli alimenti. La nuova chiave di lettura è la soddisfazione gustativa e i dati che emergono per frutta e verdura non sono confortanti.
La ricetta? Un ripensamento complessivo della filiera volto a conferire caratteristiche qualitative adeguate e continuative ai prodotti ortofrutticoli. Un percorso che deve partire dalla genetica, passando alla qualificazione del lavoro nei campi e all'impiego di tecnologie che permettono di selezionare frutti con adeguati standard, fino – conclude Della Casa – alla valorizzazione di questi prodotti nel punto vendita, attribuendogli un nome, una marca riconoscibile dal consumatore, che sia sinonimo di garanzia”.
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Fonte: Agroter