Sullo sfondo, l'attuazione degli atti delegati della Pac, la fine delle quote latte, gli Ogm e il trattato di libero scambio Ue-Usa.
Onorevole Siekierski, quali saranno le sue priorità e linee guida come presidente della Comagri?
"Il Parlamento europeo condivide con il Consiglio Ue l'importante potere di codecisione. Per questo motivo dobbiamo focalizzarci bene sull'adozione di tutta una serie di atti legislativi necessari per l'entrata in vigore della riforma della Pac. Poi ci sono tanti altri dossier ereditati dalla passata legislatura che dobbiamo portare a termine. Senza dimenticare che nel 2015 finirà il sistema delle quote latte e ci troveremmo a gestire un nuovo mercato per i produttori del settore e milioni di consumatori.
L'auspicio è che tutto vada per il meglio ma per il momento non possiamo avere un'esatta percezione di quello che succederà quindi ci vorrà la massima attenzione. Dopo il latte sarà la volta dello zucchero, d'altronde quello dell'agricoltura è un settore molto dinamico. Basti pensare alla recente crisi delle pesche nel Sud Europa o al mercato del ribes neri in Polonia, troppo spesso la reazione della Commissione europea in casi simili si è rivelata tardiva e quindi inefficace. Infine c'è la questione dell'aggiornamento delle procedure di sicurezza alimentare al fine di proteggere i guadagni degli agricoltori e la sicurezza dei consumatori. Non possiamo accettare che prodotti agricoli importati da fuori Europa non soddisfino gli standard europei come fanno invece i prodotti delle nostre terre. Ecco che dobbiamo monitorare con attenzione l'attuazione della riforma della Pac per trovarci pronti all'occasione e considerare con attenzione quanto successo in questo contesto negli ultimi cinquant'anni per prendere le decisioni giusta ben oltre il 2020. D'altronde gli agricoltori non amano le sorprese".
In che modo intende continuare a lavorare sulla riforma della Pac? Come pensa potrebbe essere migliorata la sua attuazione?
"Ho già accennato all'importanza di monitorare attentamente la sua attuazione. Questo soprattutto per quanto riguarda i diversi atti delegati che devono ancora essere formulati dalla Commissione europea. Penso che una delle sfide più importanti sia rendere la Pac più semplice e ridurre il peso amministrativo che grava oggi sugli agricoltori europei".
Qual è la sua posizione per quanto riguarda le etichette di origine di tutte le carni prodotte in Europa?
"I prodotti alimentari europei, comprese le carni e i suoi sottoprodotti, godono di un'ottima reputazione grazie agli standard garantiti dalla Pac, grazie alla quale abbiamo raggiunto ottimi standard di qualità. Tuttavia i vari Paesi Ue dovrebbero avere la possibilità di promuovere i propri marchi nazionali oltre quanto previsto dalla legislazione europea".
Spesso gli interessi del Sud e del Nord Europa in merito ai finanziamenti Ue sono stati divergenti. Come pensa possano convivere tutti questi interessi diversi, compresi quelli dei Paesi dell'Est?
"L'agricoltura europea è molto diversa - produzioni differenti, strutture agricole differenti, tradizioni differenti, aspetti socio-economici e storici differenti. Fino ad oggi la Pac ha cercato troppo di unificare le forme di supporto europeo basandosi su criteri geografici o ambientali. Invece io sono dell'idea che dovremmo tornare a un concetto di supporto abbinato alla produzione, specialmente in quelle aree in cui l'agricoltura sta sparendo a causa della sua scarsa competitività. Dobbiamo abituarci all'idea che in futuro alcune aziende agricole avranno bisogno di forme individuali di supporto. A questo riguardo dobbiamo riconoscere il pre requisito di "guadagno minimo" per gli agricoltori in modo da evitare un'ulteriore diminuzione della produzione agricola. È evidente quanto sia difficile usare la stessa forma di supporto per la produzione di vino e di latte".
Cosa ne pensa degli Ogm e del regolamento da poco approvato dal Consiglio Ue che da ad ogni Paese membro la possibilità di vietarne la coltura al proprio interno?
"C'è bisogno di un dibattito pubblico serio su come conciliare il diffuso sentimento pubblico anti Ogm e il bisogno sempre maggiore di competitività, specialmente alla luce dell'imminente accordo di libero scambio con gli Usa.
Al di là dell'Atlantico si coltivano Ogm che sono molto più produttivi delle colture naturali e, inoltre, il costo dell'energia è più basso e ci sono diverse economie di scala. Attualmente, in termini di produzione, l'Europa è pressoché un continente libero da Ogm, il che ci rende un caso quasi unico e ci riempie di orgoglio, ma l'altra faccia della medaglia è che importiamo enormi quantità di soia Ogm dai Paesi terzi destinata ai nostri allevamenti".
Come intende rispondere alle preoccupazioni di molti europei in merito ai possibili effetti nocivi sugli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari importati in Europa in seguito al trattato Ttip?
"Si tratta di un argomento troppo importante e troppo complesso per essere lasciato interamente nelle mani degli esperti di mercato della Commissione europea. Non possiamo sacrificare l'agricoltura europea e gli interessi dei nostri agricoltori e dei consumatori per qualche incerto e insicuro beneficio in qualche altro campo".