Tutti d'accordo. Per applicare la direttiva nitrati occorre prima un aggiornamento delle zone vulnerabili e l'adeguamento dei Piani di azione. E' quanto deciso dalla Conferenza Stato Regioni che si è tenuta nei primi giorni di maggio. A sollecitare un'intesa sono state le Regioni più interessate al problema, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. In pratica le Regioni dove sono più diffusi gli allevamenti, ritenuti, forse a torto, i maggiori responsabili dell'inquinamento da nitrati. Ora il ministro dell'Agricoltura potrà presentarsi a Bruxelles forte di questa posizione per chiedere una proroga in attesa che nuovi studi scientifici in corso (si concluderanno entro la fine dell'anno) consentano di definire limiti meno restrittivi di quelli attuali. Limiti che se rimarranno immutati potrebbero mettere in forse la sopravvivenza di molti allevamenti. Perché dagli attuali 340 kg di azoto per ettaro e per anno si passerebbe a soli 170 kg per ettaro, un vincolo imposto alle aree definite “vulnerabili”, in pratica tutta la Pianura Padana e oltre. Il problema non è di oggi e ne ha parlato da tempo anche Agronotizie. La direttiva comunitaria, lo ricordiamo, è del 1991 (20 anni fa!) e l'Italia ha fatto inutilmente passare molti anni prima di recepirla. Il recepimento, avvenuto dopo la messa in infrazione dell'Italia da parte della Ue, è giunto con due distinti atti normativi, prima il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 e il decreto ministeriale 7 aprile 2006. Quest’ultimo ha definito i criteri generali e le norme tecniche sulla base dei quali le Regioni hanno elaborato i “Programmi d’Azione” per le zone vulnerabili ai nitrati.
I nuovi studi
Certo, in venti anni studi e conoscenze su inquinamento e potere inquinante di liquame e dintorni si sono affinate. Come non ricordare a questo proposito le ricerche condotte già due anni fa dal Crpa, che hanno dimostrato la capacità dei prati di graminacee di sopportare carichi superiori ai 170 kg/ha senza perdite di nitrati dal suolo alle acque. Ma c'è di più. Nuovi studi hanno messo in evidenza che nell'inquinamento da nitrati le responsabilità non possono essere addossate solo agli allevamenti e più in generale all'agricoltura. Altre attività produttive e gli scarichi civili contribuiscono ad immettere nitrati nell'ambiente e il loro impatto va studiato e verificato. Un motivo in più per chiedere alla Ue deroghe e revisioni.
Appuntamento a Bruxelles
E' con queste premesse che il 17 maggio ci presenteremo a Bruxelles, data fissata per discutere la richiesta di deroga ai limiti di spandimento di azoto nei terreni sottoposti a vincolo. I ritardi accumulati in questi anni, la sottovalutazione del problema, la disattenzione dimostrata per tanto tempo, non giocano a nostro favore. C'è davvero da chiedersi come sia stato possibile trascurare per tanti anni questo problema senza pretendere, già venti anni fa, quando la direttiva nitrati era ancora in embrione, che si tenesse conto della peculiare situazione italiana. Ma tant'è, l'Italia è assente quando delle leggi si discute e fa orecchie da mercante dopo. Salvo poi chiedere deroghe e dilazioni, cambiamenti e modifiche il più delle volte impossibili. E' successo tante volte (le quote latte insegnano). E con la vicenda nitrati siamo daccapo.
Tutti ottimisiti
Sperare in un rinvio sembra impossibile, ma tutti manifestano ottimismo. Il ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano si è premurato di sottolineare che l'intesa raggiunta “si inquadra nelle iniziative svolte a favore degli agricoltori da parte del mio Ministero per consentire un’attuazione della direttiva nitrati che possa salvaguardare la competitività delle aziende.”
Giudizi positivi sono subito giunti dalle Organizzazioni professionali, con Coldiretti che ha definito l'accordo “un passo determinante per salvare gli allevamenti italiani”, sulla stessa lunghezza d'onda Confagricoltura secondo la quale “il tema dei nitrati va affrontato e risolto definitivamente perché in gioco c'è la competitività delle imprese.” E poi la Cia che ha ribadito la necessità di soluzioni più equilibrate, che distribuiscano il peso della direttiva nitrati tra le diverse fonti di inquinamento e dunque ad una ridefinizione del quadro normativo. Infine Copagri che “esprime soddisfazione per l'accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato Regioni.”
Le colpe, soprattutto nostre
Chissà se questa inusuale unanimità di consensi e pareri sarà sufficiente a convincere la Ue sulla opportunità di prestare attenzione alle richieste italiane. All'appuntamento del 17 maggio mancano pochi giorni e se non ci sarà alcuna proroga molti grideranno che la responsabilità è di Bruxelles. Sarà invece colpa dei nostri ritardi, della incapacità di affrontare per tempo i problemi, delle inutili divisioni e contrapposizioni che impediscono all'Italia una politica agraria degna di questo nome. Almeno gli sbagli servissero come insegnamento... Invece ci faremo cogliere impreparati anche dalla ormai prossima applicazione della direttiva sul benessere delle galline ovaiole (ancora proroghe, sebbene “camuffate”) e poi toccherà al “pacchetto latte” e poi ancora al “pacchetto qualità”. Per non parlare della scomparsa delle quote latte, nel 2015. Che sarà dirompente.