Non ci sono nuovi casi di peste suina africana negli allevamenti, ma continua ad aumentare la presenza del virus fra i cinghiali.
Da inizio luglio a oggi si contano oltre 60 casi in più, ma è la distribuzione di questi nuovi casi che più preoccupa.
Un terzo dei nuovi contagi è avvenuto in provincia di Massa, dove i cinghiali sono molti, ma pochi i suini, appena 360 sono quelli registrati all'Anagrafe Zootecnica Nazionale.
Un altro terzo dei contagi è distribuito, con numeri a una sola cifra, fra Liguria e Piemonte, regioni dove il virus è stato isolato per la prima volta e dove la sua concentrazione è maggiore.
L'altro terzo di nuovi casi si è però verificato in provincia di Parma e in questo caso a preoccupare è la forte presenza di allevamenti e di animali (147 allevamenti che ospitano oltre 106mila capi), che gravitano per di più in un'area dove si producono fra i più famosi e celebrati salumi a denominazione di origine.
Fermate quel virus
Questo maggiore riscontro di positività nei selvatici ha indotto la Regione Emilia Romagna a prendere provvedimenti per arginare un pericolo che si fa sempre più reale.
L'assessore all'Agricoltura di questa Regione, Alessio Mammi, insieme al suo collega alla Sanità, Massimo Fabi, hanno incontrato in questi giorni il commissario straordinario alle peste suina africana, Giovanni Filippini, per mettere in atto le iniziative necessarie a fronteggiare il problema.
L'obiettivo è quello di mettere in sicurezza due province, quella di Reggio Emilia e di Modena, dove il virus non è presente, confinandolo entro i confini della vicina provincia di Parma.
Le iniziative
Un confine che presenta molte complessità, essendo per larga parte in Appennino.
Al momento le iniziative in atto, grazie al depopolamento dei cinghiali, alla collaborazione degli allevatori e dei servizi veterinari regionali, hanno fermato l'avanzata del virus.
"La Regione sta schierando tutte le sue competenze: dal sistema sanitario, all'agricoltura fino ai cacciatori per fronteggiare la malattia, con i Gruppi Operativi Territoriali (Got) dell'Emilia Nord che stanno svolgendo un ruolo fondamentale", ha affermato Fabi.
Un impegno necessario a salvaguardare un settore che vale nel suo complesso, come sottolineato da Alessio Mammi, 20 miliardi di euro, un quarto dei quali provengono proprio dal'Emilia Romagna.
Aiuti alle aziende
Se fronteggiare l'avanzata del virus è di fondamentale importanza, non meno lo è il sostegno che è necessario fornire agli allevatori per aiutarli nel mettere in atto tutte le misure di biosicurezza indispensabili.
A questo fine l'Emilia Romagna aveva già destinato risorse per 11 milioni, ai quali si aggiungono 3 milioni di euro destinati alle attività di depopolamento dei cinghiali, di cui 1,1 milioni alle polizie provinciali e quasi 2 milioni alla struttura commissariale.
Sul fronte venatorio, la caccia al cinghiale è stata estesa da tre a quattro mesi.
Inoltre la caccia in controllo è ora consentita in qualsiasi periodo e orario, senza limiti quantitativi.
Migliorare si può
I risultati già raggiunti nel piacentino, dove non si sono più verificati casi di infezione nei suini dopo l'ultimo di inizio 2025, lasciano ben sperare per il futuro.
Consolante constatare che anche in Lombardia, che pure aveva registrato un picco dell'infezione nei suini, non ci sono nuovi episodi negli allevamenti.
In questa Regione è stata anche limitata con successo l'avanzata del virus nella popolazione selvatica.
Sulle dita di una sola mano i nuovi casi registrati nei cinghiali in Piemonte e meno di una decina quelli in Liguria, dove il virus ha fatto il suo primo ingresso.
Ora c'è da augurarsi che anche l'Emilia Romagna sia in grado di presentare risultati altrettanto positivi.





























