Che si trattasse del più alto numero di focolai di influenza aviaria mai registrati già lo aveva segnalato nel giugno scorso Efsa, l'Ente Europeo per la sicurezza alimentare.

Fra il 2021 e il giugno di quest'anno si contavano 5.300 focolai sparsi in Europa distribuiti fra uccelli selvatici e animali in allevamento.

Quasi 3.000 i casi che hanno coinvolto gli allevamenti, comportando l'abbattimento di 46 milioni di capi, un'ecatombe dalle conseguenze economiche devastanti per il settore avicolo. 

 

Di quanto sia temibile questa patologia, sostenuta da un virus con grandi capacità di diffusione e di contagio, AgroNotizie® ha già avuto modo di occuparsi a più riprese.

Terapie non sono disponibili e l'unica via di contenimento è rappresentata da drastiche misure come quella degli abbattimenti, alle quali far seguire periodi di blocco delle attività di allevamento e poi di rigorose misure di biosicurezza.


L'aviaria in Europa…

Tutti gli sforzi sino ad ora condotti non hanno però impedito al patogeno di continuare la sua corsa ed è ancora Efsa che a fine ottobre segnala di nuovo un numero senza precedenti di casi di infezione da virus ad alta patogenicità (Hpai).

Fra giugno e settembre i casi segnalati sono stati 788 in 16 diversi paesi della Ue, ai quali si aggiungono quelli registrati nel Regno Unito dove si è verificata una massiccia mortalità.

Stessa cosa in Germania, Francia e Paesi Bassi, come conseguenza della diffusione del virus nelle colonie di riproduzione degli uccelli marini.


… e in Italia

Purtroppo in queste ultime settimane l'influenza aviaria è nuovamente comparsa anche negli allevamenti italiani e il Centro di Referenza per questa patologia, presso l'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, conferma che in novembre è stata verificata la presenza del virus in Lombardia (allevamenti di ovaiole e polli riproduttori), in Veneto (allevamenti rurali, tacchini, ovaiole e broiler) e in Emilia Romagna (un solo caso in un allevamento rurale).

Il ceppo virale interessato è sempre l'H5N1 e gli abbattimenti hanno riguardato oltre 200mila capi.


I casi negli Usa

Per il ritorno alla normalità e la chiusura delle zone di protezione e delle zone di sorveglianza (come sono definiti i perimetri attorno ai focolai virali) bisognerà attendere quasi la fine dell'anno. Sempre che non si verifichino nuovi casi.

Intanto il virus sta facendo strage di ovaiole anche negli Usa, tanto che in Nebraska si è stati costretti a sacrificare circa sei milioni di capi e si teme per la disponibilità di uova, i cui prezzi hanno già iniziato a salire.


Sperando nel vaccino

Intanto in Italia gli allevatori seguono di buon grado le misure di contenimento previste dalle normative, sperando in un rapido indennizzo, seppure parziale, dei danni subiti.

Le rigide misure di biosicurezza attuate negli allevamenti non sembrano tuttavia essere sufficienti da sole ad arginare l'epizoozia da influenza avviare.

Un motivo in più, come chiedono le organizzazioni degli allevatori, di accelerare la messa a punto di un vaccino in grado di mettere al riparo gli allevamenti da questa patologia.