Sono 298 i focolai di influenza aviaria monitorati dall'istituto zooprofilattico delle Venezie, che di questa patologia è il centro di referenza nazionale.
Dal primo caso dell'ottobre del 2021 (del quale si è parlato su AgroNotizie), sino agli ultimi tre registrati a Brescia il 31 dicembre in due allevamenti di ovaiole e in uno di tacchini, il virus riscontrato è del ceppo H5N1 ad alta patogenicità.
Per fronteggiare la situazione ed evitare il suo diffondersi sono state necessarie misure draconiane, come sempre accade in questi casi, con l'abbattimento di milioni di animali e il blocco delle attività commerciali nelle zone interessate dal virus.
I risultati
Misure drastiche che hanno comportato pesanti danni per gli allevatori, che ora attendono con ansia di essere almeno in parte ristorati.
I risultati di queste azioni sono buoni e ora i focolai che possono essere dichiarati estinti sono 224.
Dei primi casi solo quello registrato in Lazio (a Roma in un piccolo allevamento) risulta ancora vincolato al rispetto previsto per le aree di protezione e sorveglianza.
Queste ultime sono ancora presenti in soli 17 casi, compresi gli ultimi tre di fine 2021.
I danni
Nel frattempo i Ministeri delle Politiche agricole e della Salute hanno avviato le procedure per il riconoscimento dei danni subiti dagli allevatori, mentre le organizzazioni agricole hanno chiesto per il Veneto che venga riconosciuto lo stato di calamità per attivare tutti i possibili strumenti di sostegno alle aziende colpite.
Nelle aree dove i focolai sono estinti arrivano le prime autorizzazioni dei servizi sanitari alla ripresa delle attività di allevamento.
Ma la presenza di focolai ancora attivi deve indurre tutta la filiera avicola a prestare la massima attenzione per evitare un riaccendersi dell'infezione.