Gli allevamenti di bovini da latte non sono in grado di reggere il colpo.
Prima l'aumento dei costi delle materie prime per l'alimentazione del bestiame, come mais e soia, i cui prezzi sono cresciuti a dismisura negli ultimi mesi.
Ora l'aumento della bolletta energetica sta definitivamente mettendo in ginocchio il settore. 

Qualche mese fa, come riferito da AgroNotizie, tutta la filiera del latte si è seduta attorno a un tavolo istituzionale per trovare soluzione alla crisi del settore.
Ci si era accordarti per un aumento di quattro centesimi al litro, ma si era rimasti nel vago nell'indicare chi questi centesimi avrebbe dovuto metterli, le industrie oppure la distribuzione?
Alla fine nemmeno quei pochi spiccioli promessi agli allevatori sono giunti a destinazione. E se già erano pochi per risollevare le sorti della settore, oggi sono del tutto insufficienti.
I costi di produzione, infatti, sono di gran lunga superiori ai 41 centesimi al litro ai quali l'intesa voleva arrivare.


Tutti a Cremona

Dopo aver denunciato in ogni possibile sede la gravità della situazione, agli allevatori non è rimasta altra scelta che quella di scendere in piazza.
Così si sono dati appuntamento davanti alla sede della Fiera di Cremona, luogo emblematico per tutta la filiera del latte.
Non solo perché questo quartiere fieristico ospita la più importante manifestazione zootecnica italiana, ma perché Cremona è considerata l'ideale capitale del latte italiano ed è qui che si incontrano alcuni tra i migliori allevamenti italiani.

Sotto le insegne di Confagricoltura, che della manifestazione si è fatta promotrice, gli allevatori hanno lanciato un appello all'industria del latte, chiamata a rivedere gli accordi.
Appello che si estende alla distribuzione organizzata, dove si concentra una parte significativa del valore prodotto dalla filiera del latte.

 

Il ruolo del Grana Padano

Non sono mancate critiche alle strategie portate avanti dal mondo della trasformazione e in particolare dal Consorzio di tutela del Grana Padano, al quale è agganciata la formazione del prezzo del latte.
I piani di contenimento della produzione, attuato con un sistema di "quote latte", impedirebbero di valorizzare tutto il latte prodotto, che dunque deve prendere altre strade, meno remunerative.

Per contro non va dimenticato che il plafond produttivo è stato aumentato nelle ultime campagne.
Inoltre spingere eccessivamente sulla produzione finirebbe con il mortificare il prezzo dello stesso Grana Padano e dunque anche quello del latte.


Pratiche sleali

Più di una voce si è levata per invocare l'intervento del Ministero per le Politiche Agricole, al quale affidare il compito di dare risposta alle istanze degli allevatori.
Compito tutt'altro che semplice se si esclude la possibilità di riversare lungo la filiera gli aumenti dei costi, sino ad arrivare ai prezzi al dettaglio.
Eventualità che in assenza di un diverso assetto del mercato appare difficile da evitare, pena il tracollo di un settore di importanza strategica come quello lattiero caseario.

Se non ci saranno risposte c'è chi è pronto a tutelare il lavoro degli allevatori presentando le prime denunce contro pratiche commerciali sleali.
E quanto promette di fare Coldiretti, ricorrendo alla normativa che attuando le regole europee sulle pratiche commerciali sleali ha di fatto vietato le vendite sottocosto.
Cosa che accade oggi al latte, essendo venduto a prezzi inferiori al costo di produzione.