Mentre il prezzo all'ingrosso del Pecorino Romano resta inchiodato da tre settimane tra i 9,70 euro al chilogrammo sui minimi ed i 10 euro sui massimi in Borsa merci a Milano, ultima quotazione quella del 13 dicembre scorso, con il latte ovino sardo fermo tra i prezzi medi di 85 e 90 centesimi di euro al litro rilevati da Ismea il 10 dicembre 2021, in Sardegna, da Macomer il Consorzio di Tutela del tipico formaggio ovino sardo precisa la sua posizione in merito alla vicenda delle modifiche al Disciplinare di Produzione.

Vere le voci che descrivono la proposta di modifica di voler legittimare l'utilizzo di pecore di razze non autoctone, vera anche la soglia di tolleranza del 10%, frutto, a quanto manifesta il Consorzio, di una indicazione dei competenti uffici del Ministero delle Politiche Agricole, ma tale modifica sarebbe nell'interesse degli allevatori, come conseguenza dell'introduzione del concetto di razza nel Disciplinare. Resta vero che è ancora tutto da decidere nella prossima Assemblea dei soci del Consorzio, già fissata per il prossimo 12 gennaio 2022, quando si voterà su proposte aperte, e dove un'eventuale soglia di tolleranza sarà solo in quella sede determinata e proposta al Mipaaf.

Con un lungo comunicato il Consorzio Tutela Pecorino Romano Dop chiarisce come stanno realmente le cose, partendo da due concetti basilari e fondamentali per comprendere la questione:

  • il primo, nell'attuale Disciplinare di Produzione non sono previste limitazioni di razza, dunque per la prima volta si propone di intervenire per regolamentare questa situazione stabilendo che almeno il 90% del latte utilizzato per la produzione di Pecorino Romano debba provenire da pecore di razza autoctona (Sarda, Vissana, Sopravissana, ed altre);
  • il secondo, è stato il Mipaaf a intervenire sulla proposta di esclusività delle razze autoctone "avanzata a gennaio 2020, consigliando al Consorzio di prevedere un margine di contaminazione - è scritto nella nota. "Va poi precisato che introdurre la percentuale di tolleranza non va contro gli interessi degli allevatori, anzi al contrario, serve a tutelarli mettendoli al riparo da possibili sanzioni e gravi danni economici" vi si aggiunge.

Maoddi contro chi ventila rischi di arrivo di latte da fuori area Dop

"Il latte è sempre stato e sempre sarà quello prodotto nella zona di origine, non accettiamo falsità e insinuazioni e siamo pronti a querelare chiunque affermi che si vuole utilizzare latte proveniente da zone esterne”, dice il presidente del Consorzio, Gianni Maoddi. "La questione interessa solo la genetica del bestiame allevato e munto esclusivamente nell'area di produzione (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto), non la provenienza del latte. Evidentemente, qualcuno ha interesse a creare confusione, in malafede, per provare a danneggiare il comparto che dice di voler difendere”, conclude Maoddi.


Per la prima volta si interviene sulle razze

Nell'originario e attuale Disciplinare di Produzione, non è prevista alcuna limitazione in merito alle razze di pecora deputate alla produzione di latte da destinare a Pecorino Romano. "Per la prima volta, con le proposte di modifica, si è inteso porre un argine a questa situazione di totale mancanza di regolamentazione, imponendo che almeno il 90% del latte debba essere prodotto da pecore di razza sarda e di altre razze ammesse, lasciando una percentuale di tolleranza per le altre razze, comprese le meticce. Il che non vuol dire mettere in discussione in alcun modo la qualità, la genuinità e la tipicità del latte, garantite non solo dalla razza delle pecore, ma dall'ambiente, dalla qualità del pascolo e dalla tradizione".

Secondo il Consorzio, che si riferisce alle organizzazioni agricole, quindi "La questione è totalmente opposta a quella rappresentata, non senza qualche strumentalizzazione, in questi giorni in cui si è acceso il dibattito. La proposta del 10%, che naturalmente è al vaglio dell'Assemblea dei soci che potrà modificarla come riterrà più opportuno, è emersa ed è stata proposta a maggioranza dal Consiglio d'Amministrazione del Consorzio nella sua ultima seduta" è scritto nella nota.


Le indicazioni del Mipaaf

Sulla proposta avanzata con le modifiche al Disciplinare del gennaio 2020, il Mipaaf aveva chiesto chiarimenti, ponendo delle osservazioni, in particolare sui riferimenti alle razze tradizionali, ai suoi incroci e alla reale situazione degli allevamenti ricadenti in zona di origine. In proposito il Consorzio riferisce come "Il Ministero ha consigliato che, se si decidesse di procedere all'indicazione delle razze ammesse alla produzione, sarebbe opportuno considerare una percentuale di tolleranza di contaminazione genetica necessaria per consentire agli allevatori e ai trasformatori di lavorare in tranquillità".

Sulla percentuale di tolleranza, in sé recepita da Confagricoltura, Cia e Copagri Sardegna, ma non certo al livello del 10%, il Consorzio di Tutela ricorda: "Questa pratica è spesso utilizzata in altre Dop, come per esempio nella filiera del vino o dell'olio. È stato quindi il Ministero stesso a chiedere al Consorzio di rivedere quelle indicazioni sull'esclusività delle razze autoctone, sottolineando che non poteva ipotizzarsi, per motivi legati al controllo sulle greggi, né un periodo di moratoria né un periodo di riconversione degli allevamenti così come deliberato in quella occasione".


Le considerazioni del Cda

E sul perché invece la percentuale di tolleranza scelta sia quella del 10% vi è stato già un intenso dibattito in seno al Consiglio di Amministrazione, sviluppatosi "Dopo le osservazioni del Ministero" si precisa nella nota e dal quale "sono emerse una serie di considerazioni".

"Intanto, la produzione di Pecorino Romano non interessa solo il territorio della regione Sardegna - si sottolinea - dove a dire degli stessi sostenitori delle razze autoctone la presenza di pecore di razza esogena non raggiunge valori superiori al 2%, ma comprende anche il Lazio e la provincia di Grosseto, dove quella percentuale ha un'incidenza maggiore e pertanto tale situazione deve essere tenuta in considerazione.

Da qui viene la considerazione che la "possibilità di introdurre una percentuale di tolleranza è legata esclusivamente al fine di evitare contaminazioni genetiche accidentali".

Ma al momento, sempre secondo il Consorzio di Tutela "la preoccupazione maggiore è legata alla impossibilità di poter dichiarare in modo inequivocabile l'assenza di latte estraneo a quello proveniente dalle sole razze autoctone, in quanto non esiste un registro di razze e un sistema di esperti di razza che certifichino gli allevamenti".


Le proposte in campo

Tutto ora è rinviato alla "prosecuzione dell'Assemblea" fissata per il 12 gennaio 2022, quando la discussione verterà dunque sulle seguenti proposte:

  1. Inserimento del vincolo di razze autoctone con tolleranza zero per le razze non inserite nella lista ufficiale.
  2. Inserimento del vincolo di razze autoctone con una percentuale di tolleranza da definire e approvare.
  3. Mantenimento dell'attuale disciplinare, con possibilità di applicare un rigido regolamento per una produzione ottenuta dall'utilizzo di latte proveniente unicamente da razze autoctone (Razza Sarda, Vissana, Sopravissana, ed altre).

In questo caso la filiera interessata si farà carico dei relativi costi e potrà trarne sicuri vantaggi commerciali derivanti da una offerta produttiva esclusiva.